Dunja Mijatovic, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, il 5 febbraio ha scritto una lettera al ministro degli interni russo Vladimir Kolokoltsev, resa nota oggi, per “sollevare una serie di questioni di diritti umani legate agli interventi della polizia nelle dimostrazioni che si sono svolte in molte città russe nelle ultime settimane”. È vero che le manifestazioni non erano autorizzate, ma erano pacifiche, scrive la commissaria; è vero che questi eventi possono essere rischiosi in tempo di Covid, ma “il controllo delle proteste non sembra aver risposto in modo appropriato alle considerazioni di salute pubblica”. E cita i “numeri senza precedenti” di arresti effettuati secondo la ong Ovd-Info durante le manifestazioni del 23 gennaio (4.033 persone di cui 49 giornalisti in 125 città), 31 gennaio (5.754 persone di cui 91 giornalisti in 86 città), 2 febbraio (1.463 cittadini in 10 città). E riguardo a questi numeri, la commissaria “chiede rispettosamente chiarimenti e commenti sulla politica, i metodi e le indicazioni del ministero dell’interno riguardo lo scioglimento di assemblee pacifiche” e anche “chiarimenti sui motivi degli arresti di giornalisti e operatori dei media” che riferivano delle manifestazioni. Perché “sono stata particolarmente costernata nel ricevere numerose segnalazioni di uso eccessivo della forza e violenza contro i manifestanti”: persone picchiate, uso dei teaser, maltrattamenti e violenze nei centri di detenzione.
“Quattro giorni dopo gli arresti” del 2 febbraio, scrive Mijatovic, arrivano ancora “relazioni estremamente allarmanti sul fatto che decine di dimostranti sono ancora tenuti sul bus della polizia”: questo, se vero, corrisponde a “trattamento disumano e degradante e deve cessare immediatamente”.