“Una sinodalità che si esprime su tre livelli: anzitutto lo stile, cioè gli atteggiamenti di vita quotidiani, poi le strutture di dialogo e di ascolto, e solo in terzo luogo gli eventi sinodali”. È questo che il Papa chiede alla Chiesa italiana quando parla di Sinodo nazionale. A spiegarlo è il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi e vescovo di Albano. “La Chiesa italiana – spiega il porporato, intervistato da Avvenire, “viene incoraggiata sulla via del convenire, che è cosa più ampia del ‘fare un convegno’, anche se ovviamente lo include”. Di qui la necessità di un’autocritica per la comunità ecclesiale: “Oggi dobbiamo chiederci come mai sono passati largamente nel dimenticatoio contenuti e percorsi non solo di Firenze 2015 ma anche di Verona 2006, dove si era intuito il riferimento agli ambiti di vita. Sinodalità, convenire, discernimento sono parole che ritroviamo persino nel Convegno nazionale di Palermo 1995, eppure oggi suonano ancora nuove: le abbiamo considerate come acqua lasciata scorrere senza assorbirla?”. Il Papa, ricorda Semeraro, “ci ha parlato più volte di ‘sinodalità dal basso’, intendendo che il primo livello si realizza nelle Chiese particolari tramite organismi di comunione, consigli presbiterali e pastorali, collegi di consultori: solo se questi e altri organismi partono dai problemi e dalle domande della gente la Chiesa assumerà un volto sinodale”.