“L’aumento del disagio psicologico-relazionale e di varie forme depressive, di problemi connessi alla solitudine e all’isolamento. La povertà economica legata alla perdita del lavoro e al prosciugamento delle fonti di reddito, le difficoltà connesse al pagamento dell’affitto o del mutuo”. Sono questi i principali effetti sociali causati dalla pandemia secondo don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, che da tempo raccoglie i segnali d’allarme dai territori dove sono presenti le Caritas diocesane, parrocchiali e i vari centri d’ascolto. Recenti dati Caritas ricordano che nel 2020, con l’emergenza sanitaria, l’incidenza dei nuovi poveri è passata dal 31% al 45%: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Ne abbiamo parlato con don Soddu. Tra i “nuovi poveri”, dice in una intervista al Sir, “intendiamo persone che per la prima volta hanno sperimentato condizioni di disagio, anche di tipo relazionale e psicologico oltre che di deprivazione economica, tali da spingerli a chiedere aiuto. Prevalgono i disoccupati, le persone con impiego irregolare fermo a causa delle restrizioni imposte dal lockdown, i lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga e i lavoratori precari o intermittenti che, al momento della presa in carico, non godevano di ammortizzatori sociali”. Accanto ai classici ambiti di bisogni materiali, tutti aggravati dalla pandemia, “sono poi comparsi fenomeni totalmente nuovi – spiega –, ad esempio le difficoltà di alcune famiglie rispetto alla didattica a distanza, a cominciare dall’impossibilità di accedere alla strumentazione adeguata – tablet, pc, connessioni wi-fi. A questo si è aggiunta la fatica di seguire le lezioni con i figli o di aiutarli nei compiti”.