“Il luogo che qualcuno pensava fosse la tomba della speranza e la vittoria della violenza è diventato sorgente di fede e di vocazione. Il proiettile infatti che ha attraversato prima il petto e poi la bibbia in lingua turca che don Andrea Santoro, prete fidei donum della diocesi di Roma, ucciso il 5 febbraio di quindici anni fa non ha arrestato una vita, ma l’ha fatta fiorire”. È un passaggio dell’omelia del card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, tenuta durante l’ordinazione episcopale di mons. Massimiliano Palinuro, vicario apostolico eletto di Istanbul, svoltasi nella serata di martedì 7 dicembre nella cattedrale di Ariano Irpino. Il prefetto ha voluto legare significativamente il martirio di don Santoro alla vocazione del neo vescovo che fino a poche settimane fa ha servito come parroco la comunità di Trabzon: “Oggi possiamo certamente essere riconoscenti al Signore perché è grazie al sacrificio di don Andrea che tu don Massimiliano hai sentito bussare alla porta del tuo cuore, rimettendoti in cammino, come Abramo, e partendo per metterti a servizio della Chiesa di Dio che è in Turchia. I tuoi affetti familiari, il tuo presbiterio diocesano, la comunità accademica della Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, la testimonianza di don Andrea sono dunque la cava da cui sei stato tratto: in essi insieme a te riconosciamo i segni della presenza dell’unica roccia che è Cristo. Continua ad appoggiarti a Lui e fa che altri scoprano e si lascino condurre dal suo amore. La stabilità di questo fondamento si accompagna alla freschezza della sorgente che sgorga dal cuore trafitto del Signore: abbeverati ad essa e attingi abbondante acqua per dissetare i cuori dell’uomo di oggi, mendicante di speranza”.
Dal card. Sandri sono arrivate anche indicazioni pastorali: “Il tuo sguardo sia sempre quello di un pastore secondo il cuore di Dio. Vai in cerca dell’uomo di oggi che condivide con te il tuo cammino sulla terra e in particolare di coloro che ti sono affidati: ripeti loro il ‘Dove sei?’ di Dio risuonato nella prima lettura. Parole non di un funzionario o di un castigatore, ma di un creatore e di un padre che anela alla presenza della sua creatura. Ripeti con lui ‘dove sei’ al fratello che cerca il senso della vita, a colui che condivide con te la confessione del nome di Gesù ma non può ancora sedersi insieme alla mensa eucaristica, a colui che professa il Dio Clemente e Misericordioso come fedele musulmano: sono i volti degli uomini e delle donne di Istanbul e della Turchia”. “Continua – ha concluso il prefetto – quello stile di presenza amica e dolce che è stata del tuo compianto predecessore, il vescovo Rubén Tierrablanca, che la pandemia ha strappato a tutti noi in modo inaspettato e improvviso: così continuerà quell’opera di guarigione delle ferite del passato di incomprensioni e distanze anche in ambito ecumenico, sentendoti avvolto dall’abbraccio fraterno che unisce Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo, come sono stati uniti i fratelli Pietro ed Andrea”.
Tra i concelebranti una ventina di vescovi tra i quali i due co-consacrati mons. Sergio Melillo, vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, diocesi di origine di mons. Palinuro, e mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico di Anatolia. Insieme a loro il presidente della Conferenza episcopale turca, mons. Martin Kmetec, arcivescovo di Smirne, l’arcivescovo Lorenzo Piretto emerito di Smirne e amministratore apostolico del Vicariato, e diversi vescovi campani tra i quali gli arcivescovi di Napoli, mons. Domenico Battaglia, con gli ausiliari, e il prelato di Pompei, mons. Tommaso Caputo; oltre a diversi sacerdoti era presente una delegazione proveniente dalla Turchia. Alla celebrazione ha assistito in rappresentanza personale del patriarca ecumenico Bartolomeo il metropolita Kyrillos.