“Convertirsi significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, a chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla”. È dedicata alla speranza, la parte finale dell’omelia del Papa alla Megaron Concert Hall, dove un verbo è risuonato su tutti, in questa seconda domenica di Avvento. Convertirsi, ha spiegato Francesco, “è rifiutare di credere che siamo destinati ad affondare nelle sabbie mobili della mediocrità. È non arrendersi ai fantasmi interiori, che si presentano soprattutto nei momenti di prova per scoraggiarci e dirci che non ce la faremo, che tutto va male e che diventare santi non fa per noi. Non è così, perché c’è Dio. Bisogna fidarsi di lui, perché è lui il nostro oltre, la nostra forza”. “Tutto cambia se si lascia a lui il primo posto”, ha assicurato il Papa: “Ecco la conversione: al Signore basta la nostra porta aperta per entrare e fare meraviglie, come gli sono bastati un deserto e le parole di Giovanni per venire nel mondo. Non chiede di più”. “Chiediamo la grazia di credere che con Dio le cose cambiano, che lui guarisce le nostre paure, risana le nostre ferite, trasforma i luoghi aridi in sorgenti d’acqua”, la preghiera finale: “Chiediamo la grazia della speranza. Perché è la speranza che rianima la fede e riaccende la carità. Perché è di speranza che i deserti del mondo sono assetati oggi”. Di qui l’invito ad essere “testimoni di speranza, seminatori di gioia intorno a noi”. !La speranza non delude mai”, ha aggiunto a braccio: “Non solo quando siamo contenti e stiamo insieme, ma ogni giorno, nei deserti che abitiamo. Perché è lì che, con la grazia di Dio, la nostra vita è chiamata a convertirsi e a fiorire. In tanti deserti nostri o dell’ambiente, lì è chiamata a fiorire. Che il Signore ci dia la grazia e il coraggio di prendere questa verità”.