Convertirsi non è “uno sforzo morale, quasi fosse solo un frutto del nostro impegno”: significa “pensare oltre, cioè andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali”. Lo ha spiegato il Papa, nell’omelia della Messa celebrata alla Megaron Concert Hall di Atene. “Il problema sta proprio qui, nel basare tutto sulle nostre forze”, ha precisato: “Qui si annidano pure la tristezza spirituale e la frustrazione: vorremmo convertirci, essere migliori, superare i nostri difetti, cambiare, ma sentiamo di non esserne pienamente in grado e, nonostante la buona volontà, ricadiamo sempre. Proviamo la stessa esperienza di San Paolo che, proprio da queste terre, scriveva: ‘In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio’”. Convertirsi, ha affermato il Papa soffermandosi sull’etimologia greca del verbo, è “pensare oltre, andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali”: “Penso proprio agli schemi che riducono tutto al nostro io, alla nostra pretesa di autosufficienza. O a quelli chiusi dalla rigidità e dalla paura che paralizzano, dalla tentazione del ‘si è sempre fatto così’, dall’idea che i deserti della vita siano luoghi di morte e non della presenza di Dio”. Convertirsi, allora, vuol dire “andare al di là di quello che i nostri istinti ci dicono e i nostri pensieri fotografano, perché la realtà è più grande dei nostri istinti, dei nostri pensieri. La realtà è che Dio è più grande, è lui il più grande”.