“Si è trattato di un voto storico, determinato da una grande partecipazione popolare, nonostante ci fosse chi puntava sulla strategia del terrore per far sì che la gente non andasse a votare”. Lo afferma al Sir, a proposito delle elezioni presidenziali che si sono svolte in Honduras domenica scorsa, Joaquín Mejía Rivera, studioso di diritti umani e ricercatore dell’Eric (Équipe di ricerca, indagine e comunicazione), centro studi vincolato ai gesuiti.
Anche se lo scrutinio procede molto lentamente ed è finora arrivato a circa due terzi delle sezioni, nessuno mette in dubbio la vittoria della candidata progressista di Libertad y Refundación (Libre), Xiomara Castro, attestata attorno al 51,5% dei voti, circa 16 in più di Nasry Asfura, candidato del conservatore Partido nacional (Pn) la forza politica che ha espresso anche il discusso presidente uscente Juan Orlando Hernández. A congratularsi con quella che non ancora ufficialmente può essere considerata la nuova presidente è stato anche il segretario di Stato Usa, Antony Blinken.
Mejía Rivera sottolinea la percentuale di votanti, che sfiora il 70%: “Una percentuale finora mai raggiunta, e significativa è stata la partecipazione dei giovani. Va detto che più è alto è il numero dei votanti, e più difficile è fare brogli”. Il riferimento è alla cosiddetta “fraude” di quattro anni fa, quando Juan Orlando Hernández venne dichiarato vincitore in mezzo a una marea di sospetti e accuse. Ma stavolta le cose sono andate diversamente, e il ricercatore invita a non leggere in chiave di schieramenti politici la vittoria di Xiomara Castro: “Certamente, non è stata votata solo dai suoi sostenitori, ma da coloro che volevano un cambiamento, che hanno detto basta all’impunità e alla corruzione. Si è trattato di un consenso diffuso”.
Ed è grande l’attesa per l’avvio di una Commissione, promessa dalla Castro, chiamata a fare luce, appunto, sulla corruzione e l’impunità nel Paese, probabilmente sotto l’egida delle Nazioni Unite. “Di certo, ora sarà più facile, nel caso, estradare negli Stati Uniti Juan Orlando Hernández. Va ricordato che il fratello del presidente uscente è implicato negli States in un’indagine per narcotraffico.