“Guardare con sguardo contemplativo la ‘comunità’ e dunque le nostre realtà sociali in cui viviamo oggi ci induce a due atteggiamenti di fondo. Il primo è la concretezza del realismo. Il secondo l’operosità della speranza”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, in occasione del Natale.
“I numeri della vulnerabilità – ha osservato – sono cresciuti perché, più il tempo passa, più gli invisibili che avevano cercato di farcela con le loro forze residue si trovano senza risorse. I problemi si stanno ulteriormente intensificando perché vanno a toccare contemporaneamente molti e diversi nodi della vita delle persone in un processo di addizione continua”. “I volti delle fragilità sono sempre più trasversali perché, ormai, nessuno può più dirsi sicuro di fronte all’evolversi spesso imprevisto della situazione”, ha proseguito l’arcivescovo riferendosi “ai tanti piccoli esercizi commerciali che hanno abbassato la saracinesca”, “a tanti lavoratori che vivono il dramma della disoccupazione”, “alle ditte artigiane o imprese piccole e medie costrette a fermarsi in modo improvviso”, “alle famiglie sottoposte a provvedimento di sfratto nonostante la morosità incolpevole” e a quelle “che si frantumano su relazioni interpersonali difficili e che pagano, soprattutto nei figli, il prezzo alto dell’abbandono”. Ma il pensiero di mons. Nosgilia è andato anche ai migranti e richiedenti asilo, ai disabili e ai carcerati. “Non possiamo e non dobbiamo accettare la cultura dello scarto”, ha ammonto l’arcivescovo, “perché abbiamo le potenzialità e la passione per generare solidarietà e accoglienza. In mezzo a tanta sofferenza emerge un esercito di persone che con spirito di gratuità e fraternità investono se stessi, il proprio tempo e risorse per sostenere e accompagnare chi soffre o è in difficoltà”. “La presenza dei poveri in mezzo a noi – ha aggiunto – non deve limitarsi a un assistenzialismo che li lascia sempre nel loro stato e li obbliga a chiedere sempre ciò di cui ha bisogno per vivere ma deve preoccuparsi di sostenerli nella ricerca di un lavoro e nella possibilità concreta di accompagnarli a trovare una soluzione alle loro necessità che li conduca a camminare poi con le proprie gambe”. Alla messa celebrata a Natale in duomo era presente anche un gruppo degli operai dell’ex Embraco: “Mi addolora molto – ha rivelato l’arcivescovo – vedere come vengono trattati i lavoratori che non esprimono alcuna pretesa, ma chiedono solo di essere riconosciuti come le persone che più di tutti soffrono e portano il peso della realtà che rischia di deteriorarsi sempre di più. Sembra che essi diano fastidio alle istituzioni, le quali hanno il dovere di ascoltarli e aiutarli a superare l’attuale precaria situazione”. “Non possiamo accettare come comunità cristiana e civile in silenzio e rassegnazione questa situazione”, ha ribadito mons. Nosiglia, convinto che “il dramma che stanno vivendo questi nostri fratelli deve essere assunto con grande impegno e viva partecipazione dalle nostre comunità e da ogni persona di buona volontà”.