“Rimangiandosi per l’ennesima volta quanto dichiarato, la maggioranza che sostiene il Governo non ha votato l’abrogazione della norma che introduce l’obbligo di aprire la partita Iva anche agli enti non profit non commerciali, ma si è limitata a prorogarla di due anni, senza dare alcuna disponibilità a modificarla, né ad aprire un confronto. In base a questo emendamento servirà la partita Iva perfino per chiedere la quota di partecipazione al campo scout”. La denuncia viene dalle Acli, in una nota diffusa ieri sera.
“Prorogare l’entrata in vigore di una simile norma è una presa in giro, prima di tutto perché già nell’ultimo anno il Governo si era preso l’impegno a fare un tavolo sulla questione e nulla è accaduto e poi perché si capisce già dalla mancanza di dialogo di queste ore che non c’è alcuna intenzione a voler affrontare un tema così importante e delicato. Come se non bastasse è sempre più evidente che non esiste un interlocutore politico che si prenda l’impegno reale a creare un tavolo per discutere seriamente di materia fiscale per gli enti del Terzo settore, anche perché, purtroppo, ogni anno ha il suo nuovo governo”, proseguono le Acli, per le quali “è grave inoltre che il Governo e la maggioranza parlamentare, abbiano bocciato tutte le richieste del mondo non profit previste da un emendamento che recepiva un lavoro di mesi di confronto, presso il Ministero del Lavoro, del Forum del Terzo settore che era riuscito a riunire le istanze di tutti i soggetti che lo animano, chiedendo soprattutto di correggere alcuni aspetti impraticabili della parte fiscale della riforma del Terzo settore”.
Tra le norme bocciate “spicca, oltre al venir meno del fondo per progetti che tanto ha fatto in questi mesi di pandemia, anche la negazione della riduzione dell’Irap, riduzione che invece è concessa a tutto il profit. Del resto, verrebbe da dire, sembra tutto in linea con una modifica ingiustificata delle aliquote Irpef che guarda più alla incostituzionale flat tax che al principio di progressività fissato dalla nostra Costituzione”.
Infine, “la bocciatura di queste norme complica e ritarda ulteriormente l’entrata in vigore della parte fiscale della riforma del Terzo settore, dettando un quadro che vede oggi oltre 300mila enti dover decidere se entrare o meno nel Registro unico nazionale del Terzo settore, con i relativi adempimenti, senza sapere quali saranno le regole fiscali a cui dovranno rispondere”.