“Se è vero che l’educazione – anche digitale – è fondamentale per contrastare ogni tipo di discriminazione, è altrettanto vero che, in una società in continua trasformazione, non si può ragionare a compartimenti stagni, ma occorre fare rete, lavorare in modo sinergico, così da migliorare l’efficacia di ogni singola azione”. Lo ha ricordato oggi Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, nel corso dell’audizione alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.
“Insieme”, ha sottolineato, “è la parola chiave che riassume lo stile con cui la Chiesa che è in Italia sta affrontando le sfide attuali, nella consapevolezza che la costruzione di un mondo solidale e fraterno, in cui nessuno si senta escluso o discriminato, non è appannaggio di qualche élite o di una specifica istituzione ma chiama in causa tutti”. “Va in questa direzione – ha proseguito – la decisione di avviare un Cammino sinodale che coinvolga tutte le componenti ecclesiali e raggiunga anche le persone lontane, che si trovano oltre i confini degli ‘addetti ai lavori’, toccando pure l’ambito ecumenico e interreligioso, con un atteggiamento di apertura e di accoglienza”. Secondo Corrado “c’è bisogno di alleanze tra le generazioni, tra i territori, tra le aree interne e quelle metropolitane del nostro Paese, tra la politica, la scuola, le famiglie, il giornalismo, etc… Insomma, tra tutti coloro che hanno a cuore il futuro del Paese”. “Ben venga un progetto di pacificazione come processo rigenerativo del tessuto sociale: ne beneficeremmo tutti”, ha affermato il direttore dell’Ucs Cei.
Nel suo intervento, Corrado si è soffermato sulla “liquidità del contesto attuale”, sulla “perdita dell’identità” nell’attuale società mediatica, sulla “complessità e la pervasività dell’hate speech” osservando che “online è molto più labile la separazione tra razzismi dichiarati e latenti, superata tra link, like, immagini e condivisioni”. “Ciò che più turba – ha ammonito – è che il fenomeno dell’hate speech ha a che fare proprio con il linguaggio, capovolgendolo dal suo fine ultimo. Un linguaggio, in estrema sintesi, che è incitamento all’odio”. Secondo Corrado, “la comune preoccupazione per contrastare tutti i fenomeni di odio e violenza, di cui l’hate speech è sintesi ed espressione infausta, deve portare a stringere alleanze tra associazioni, centri di formazione, scuole e università, parrocchie… L’imperativo diventa quello di ‘fare rete’”.