“Non vi nascondo che ho iniziato ad avvertire la necessità di questo Patto proprio all’inizio del mio servizio di vescovo qui a Napoli. Un pomeriggio mentre percorrevo a piedi via Duomo, ho incontrato alcuni ragazzini che giocavano con delle pistole finte. Ma ciò che mi ha impressionato non è il gioco in sé ma l’imitazione realistica del linguaggio e dello stile camorristico, tale da lasciar intravedere che quella cultura non era loro estranea ma in qualche modo la respiravano, la assorbivano, probabilmente senza degli adulti capaci di essere per loro filtri sani, utili a preservarli dal male orientandoli verso il bene”. Mons. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, ha spiegato così, ieri pomeriggio, in un incontro in duomo con coloro che hanno aderito al suo appello per un Patto educativo per Napoli, l’origine del suo progetto. “E da quel giorno quanti volti di bimbi, ragazzi, giovani ho incontrato! Storie ferite, ali spezzate prima ancora di spiccare il volo, vite segnate dall’assenza di un mondo adulto sano e accudente: non possiamo andare avanti così! Serve un cambiamento ed è per questo che desidero offrire alcune proposte intorno alle quali – spero – possa nascere un confronto tra tutti coloro che hanno risposto al mio appello di qualche mese fa”, ha precisato.
La prima proposta è “ripartire dall’etica della cooperazione”: “Tante volte e in ambiti diversi mi capita di sottolineare l’importanza di un passaggio capace di eliminare l’idolatria dell’individualismo per abbracciare un rinnovato senso di comunità, passando dall’io al noi. Senza questo passaggio ogni altra iniziativa o proposta sarà inutile. Anche i fondi del Pnrr destinati all’educazione e alla scuola, senza un’etica della cooperazione, della valorizzazione reciproca, dell’aiuto solidale rischieranno di diventare una manna lasciata marcire per terra. Senza risvolti efficaci e reali per i nostri ragazzi. Paradossalmente la prima proposta che vi presento è proprio questa: dare vita al Patto, scegliere di non fare da soli senza gli altri, creare rete e sistema, superare le logiche clientelari per dar vita ad una comunità educante fondata sull’etica della cura e della responsabilità”.
La seconda proposta è “costituire in ogni municipalità o territorio un Tavolo educativo volto a creare e consolidare legami di collaborazione e confronto tra scuola, servizi sociali comunali, parrocchie, enti, fondazioni, cooperative e ogni altro ente impegnato nel mondo dell’educazione e dell’inclusione sociale. Il Tavolo educativo diventa un vero e proprio laboratorio di co-programmazione e co-progettazione e rende concreto e realizzabile un nuovo approccio alle problematiche e al tema della povertà educativa, che può essere vincente solo se sistemico, sinergico e corresponsabile”.