“Costituire una Agenzia per lo sviluppo delle pratiche educative inclusive che possa occuparsi di mappare, coordinare e monitorare i progetti educativi attivi in tutti i territori, attivando la costruzione di ‘comunità educanti’ e di un contesto educativo diffuso, che sappia riconoscere e intrecciare gli apprendimenti formali con quelli non formali per realizzare interventi formativi complessi”. È la terza proposta lanciata, ieri pomeriggio, da mons. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, per un “Patto educativo per Napoli”. Per far questo, ha precisato, “è necessario creare un gruppo di lavoro per la valutazione di impatto sociale in grado di misurare l’efficacia dei processi innescati e definire la cartografia delle povertà educative”.
La quarta proposta si aggancia alla terza: “Affidare all’Agenzia per lo sviluppo delle pratiche educative inclusive la costruzione di un sistema digitale capace di monitorare la dispersione scolastica in tempo reale e di intervenire immediatamente nel momento stesso in cui la vita di un minore si immerge nell’invisibilità. Tale intervento richiede una programmazione integrata dei servizi e delle politiche educative”.
Ancora: “Valorizzare la scuola non solo come luogo di apprendimento, ma come laboratorio sociale e comunità educativa partecipante, che attraverso una fitta rete di rapporti con il territorio possa ampliare e migliorare la propria offerta formativa. Valorizzando le numerose esperienze educative del terzo settore, del mondo ecclesiale, dello sport, la scuola può divenire un importante crocevia di connessioni, volte a creare una fitta rete educativa, un ‘sistema’ di cura capace di contrastare a livello preventivo ‘o sistema’ della camorra”.
La sesta proposta è “diversificare e individualizzare i progetti e le azioni educative, facendo in modo che ogni proposta, ogni spazio, ogni progetto (di inclusione, di accompagnamento, di promozione, di reinserimento) nell’ambito della cura educativa, sia sempre più pensato sulla base delle persone che abitano quel territorio e del suo peculiare contesto economico, sociale e culturale”.
Infine, “investire su specifici processi di formazione degli educatori per implementare le competenze relazionali e pedagogiche, dando vita anche a nuovi profili professionali di educatori e docenti in grado di sviluppare il lavoro educativo in situazioni difficili e complesse anche attraverso la promozione di nuove metodologie educative che superino quelle tradizionali”. In particolare, ha evidenziato il presule, “è importante che chi si prende cura sia capace di prossimità e di ascolto, di una relazionalità sana e di un’intenzionalità che riconosca ragazzi, adolescenti e giovani come protagonisti dell’oggi, capaci di contribuire all’arricchimento della comunità tutta”.