“Fare posto, dentro di noi, a Gesù-che-viene negli altri; portare agli altri Gesù che ha trovato posto in noi”. Sono i due versanti della carità che l’arcivescovo di L’Aquila, card. Giuseppe Petrocchi, propone di vivere nel suo messaggio di Natale dal titolo “Vivere il Natale, per apprendere l’arte di incontrare Dio, se stessi e gli altri”. “Vale la pena spendersi con generosità sul terreno del sano altruismo perché ciascuno riceverà nella misura in cui ha dato” scrive l’arcivescovo richiamandosi a una “profetica” riflessione di don Tonino Bello: “Andiamo fino a Betlemme, come i pastori. L’importante è muoversi. E se invece di un dio glorioso, ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, non ci venga il dubbio di aver sbagliato percorso”. Gesù, ricorda il card. Petrocchi, “è venuto a cercarci, ha scelto di condividere la nostra storia, si è fatto vicino ad ognuno di noi, ma, soprattutto, si è reso ‘prossimo’ a chi soffre e a chi è debole”. Così facendo “ha inaugurato una appartenenza permanente: prende dimora nelle nostre vicende e assume in modo definitivo la nostra cittadinanza esistenziale”. Ma, avverte il presule, “c’è sempre il rischio di chiuderGli la porta dell’anima” e “quando la mente e il cuore sono ‘occupati’ da egoismi pervasivi, oggi come ‘allora’, non c’è posto per Lui”, quindi non c’è posto “per Gesù-Parola; per Gesù che si dona nei suoi sacramenti; per Gesù nella preghiera; per Gesù negli aspetti positivi e nelle ricchezze che possediamo; per Gesù nelle difficoltà e negli avvenimenti dolorosi che ci capitano; per Gesù negli altri, specie nelle persone bisognose di prossimità fraterna; per Gesù negli ultimi: i poveri, gli immigrati, gli emarginati”. Da qui il monito: “Bisogna convertirsi, ogni giorno, per lasciarsi incontrare da Gesù e imparare così ad incontrare sé stessi e il prossimo”. Si tratta, spiega il porporato, di “diventare esperti nell’arte dell’incontro” come ha invitato a fare Papa Francesco inaugurando un “percorso sinodale che vede impegnata la Chiesa nel vivere rapporti comunionali sempre più allargati e meglio partecipati”. “Il tempo che viviamo – ammette Petrocchi – spesso non ci aiuta a diventare buoni artigiani della prossimità”. Il riferimento è alla “moderna tecnologia” che ha moltiplicato le possibilità di attivare contatti, ma “ha diminuito l’ampiezza di vivere incontri che non varcano la soglia della esteriorità; mentre nell’incontro ciascuno gioca sé stesso, con benevolenza e nella verità”. Infine l’impegno: “In questo ‘Natale del Sinodo’ ci assumiamo l’impegno di fare posto al Signore-che-viene accogliendoLo negli altri, ma stiamo bene attenti a non commettere l’errore di rifiutarLo in noi stessi, perché non ci accettiamo. La misericordia, va usata anche nei nostri confronti, altrimenti non potremo offrirla al prossimo”. La conclusione del messaggio il card. Petrocchi la dedica alla pandemia che, scrive, “continua ancora a flagellare – speriamo con sempre minore virulenza – la nostra comunità ecclesiale e civile. Occorre mobilitare tutte le risorse umane e cristiane per combattere questa battaglia, che si può vincere solo ‘insieme’, reclutando sinergie intelligenti e allargate. Esprimo fraterna vicinanza verso tutti coloro che hanno sofferto e soffrono a causa di questa calamità sanitaria”.