La Conferenza episcopale australiana e la Catholic Religious Australia hanno pubblicato oggi il loro quarto rapporto annuale sulle iniziative messe in atto a livello nazionale e locale per contrastare i fenomeni di abusi nelle istituzioni della Chiesa e proteggere i minori. Più di 50 entità cattoliche – diocesi, congregazioni e istituti religiosi e altre organizzazioni presenti nel Paese – hanno fornito rapporti dettagliati che sono stati quindi inseriti nel report finale della Chiesa cattolica in Australia. Era stata la “Royal Commission into Institutional Responses to Child Sexual Abuse” a raccomandare alla Chiesa cattolica di redigere ogni anno un rapporto per fare il punto di tutte le iniziative messe in atto e dare conto al governo dei progressi fatti in materia di protezione dei bambini. Nella prefazione al report, il presidente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo Mark Coleridge, e il presidente del Catholic Religious Australia, padre Peter Carroll, parlano del “nostro vergognoso passato” e scrivono: “La Chiesa cattolica in Australia si assume la piena responsabilità per i danni causati dalla tragica storia di abusi sessuali sui minori da parte del clero, dei religiosi e degli operatori laici della Chiesa”. Il vescovo e il religioso parlano di “fallimenti”, sia di chi ha gravemente offeso le vittime sia “dei dirigenti della Chiesa che hanno risposto in modo sbagliato, o per niente”. Queste “mancanze hanno danneggiato le vittime, i sopravvissuti, le loro famiglie” e “hanno ferito la comunità della Chiesa e deluso molti nella società”. In questi anni, la Chiesa “ha imparato molto su come rispondere alle vittime e ai sopravvissuti. Continua ad imparare”, in modo particolare “dalle vittime e dai sopravvissuti” che hanno avuto il “coraggio di denunciare gli abusi subiti”. È chiaro – aggiungono mons. Coleridge e padre Carroll – che dobbiamo tutti rimanere vigili nell’impegno ad assicurare luoghi sicuri per tutte le persone, in particolare i bambini”. “La missione della Chiesa può essere svolta solo se dimostriamo, in modo concreto, che ci siamo evoluti, che siamo profondamente dispiaciuti per gli abusi che si sono verificati e che vogliamo portare guarigione, ove e se possibile”. Nel report vengono quindi censiti “esempi tangibili di politiche, procedure e pratiche”. Esempi anche “significativi” di “cambiamenti strutturali e culturali necessari per creare ambienti sicuri per i bambini”. “Ancora una volta, a nome dei nostri fratelli e sorelle che ricoprono ruoli di leadership e governo all’interno della Chiesa – scrivono i due rappresentanti dei vescovi e dei religiosi australiani -, ci impegniamo a fare tutto ciò che è in nostro potere affinché i nostri ministeri siano luoghi di accoglienza, di inclusione e di sicurezza”.