“Gesù lo ha detto chiaramente: chi parla male del fratello e della sorella, chi calunnia il prossimo, è omicida, uccide con la lingua”. È il monito del Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a San Giuseppe “uomo del silenzio”. “Noi non crediamo questo, ma è la verità”, ha commentato a braccio: “pensiamo alle volte in cui abbiamo ucciso con la lingua: ci vergogneremo, ma ci farà tanto bene”. “Non è facile riconoscere questa voce, che molto spesso è confusa insieme alle mille voci di preoccupazioni, tentazioni, desideri, speranze che ci abitano”, ha ammesso il Papa: “ma senza questo allenamento che viene proprio dalla pratica del silenzio, può ammalarsi anche il nostro parlare”. “Senza la pratica del silenzio, si ammala il nostro parlare”, che “invece di far splendere la verità, può diventare un’arma pericolosa”, la denuncia di Francesco, che ha fatto notare “le nostre parole possono diventare adulazione, vanagloria, bugia, maldicenza, calunnia. È un dato di esperienza che, come ci ricorda il Libro del Siracide, ‘ne uccide più la lingua che la spada”. La sapienza biblica, ha ricordato Francesco, afferma che “morte e vita sono in potere della lingua: chi ne fa buon uso, ne mangerà i frutti”. E l’apostolo Giacomo, nella sua Lettera, “sviluppa questo antico tema del potere, positivo e negativo, della parola con esempi folgoranti: ‘Se uno non sbaglia nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Anche la lingua è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini, che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni’”.