Coronavirus Covid-19: Istat, “nel periodo di emergenza 58,9% di Istituzioni pubbliche ha previsto quota minima di impiegati tenuti a recarsi nella sede di lavoro”

A tre mesi dalla conclusione della rilevazione diretta, l’Istat diffonde i primi risultati preliminari della rilevazione multiscopo legata al Censimento permanente delle Istituzioni pubbliche. Questa terza edizione della Rilevazione censuaria si è svolta dal 18 marzo al 15 settembre 2021 ed è stata caratterizzata dall’introduzione di una nuova sezione finalizzata a indagare quale è stata la risposta delle istituzioni pubbliche all’emergenza sanitaria, rilevando le strategie, le misure e le iniziative messe in atto per dare continuità all’attività istituzionale, cogliendo le innovazioni dal punto di vista dell’organizzazione interna e del lavoro, a partire dallo smart working. Il report riguarda i risultati preliminari delle sezioni relative allo smart working e impatto Covid-19 e alla digitalizzazione. Tali risultati riguardano tutte le Istituzioni pubbliche e il personale civile in servizio presso di esse, mentre si esclude il personale delle scuole.
Dai dati emerge che “una quota minima di istituzioni pubbliche, pari al 3,6%, aveva adottato iniziative strutturate di smart working (Sw) in fase pre-pandemica. Le istituzioni che lo hanno più utilizzato sono la Presidenza del Consiglio e i Ministeri (66,7%), le Agenzie dello Stato (50,0%), le Città metropolitane (28,6%), le Università pubbliche (27,1%) e le Giunte e i consigli regionali (25%). All’opposto, i Comuni sotto i 20mila abitanti e le Comunità montane sono risultate le amministrazioni pubbliche meno orientate alla sperimentazione della modalità di lavoro agile”.
Con la crisi sanitaria “la situazione ha subito un cambiamento drastico e il lavoro agile è divenuto la modalità ordinaria di prestazione dell’attività lavorativa. Nel periodo dell’emergenza, il 58,9% delle Istituzioni pubbliche attive al 31 dicembre 2020 ha previsto una quota minima di lavoratori tenuti a recarsi nella sede di lavoro per rendere la propria prestazione al fine di garantire la continuità dell’attività istituzionale e l’erogazione dei servizi. Il restante 41,1% di amministrazioni ha continuato a operare senza stabilire a priori un numero minimo di lavoratori in presenza”.
Per far fronte all’emergenza, “le amministrazioni di maggiori dimensioni, più strutturate e complesse, si sono attrezzate in maniera più diffusa ed efficace per fornire le dotazioni tecnologiche necessarie e per organizzare iniziative di comunicazione e formazione atte a favorire un utilizzo ottimale delle risorse”. In particolare, “ha fornito dispositivi hardware (come pc) ai dipendenti che non avevano dotazioni personali per lavorare da remoto la totalità delle Città metropolitane, oltre il 94% delle Amministrazioni dello Stato e organi costituzionali e/o a rilevanza costituzionale (ossia organi di governo centrale, Ministeri, Presidenza del Consiglio, Agenzie dello Stato) e delle Università pubbliche, a fronte del 47,6% del complesso delle Istituzioni pubbliche”.
Anche le Regioni e le Province, in misura pari rispettivamente al 75% e all’80,9%, sono riuscite ad assicurare una consistente fornitura di pc ai loro dipendenti. Diversa risulta invece la situazione dei Comuni, con meno di un Comune su due (46,4%) e prevalentemente per pochi dipendenti (22,9%); risultano maggiormente penalizzati i lavoratori dei Comuni con meno di 5mila abitanti e degli enti pubblici non economici”.

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