Hate speech: Faloppa (Università di Reading), “non possiamo demandare agli algoritmi la rimozione automatica delle espressioni d’odio”

“Non possiamo demandare agli algoritmi la rimozione automatica delle espressioni d’odio”. Così Federico Faloppa, professore di Semiotica dell’Università di Reading (Regno Unito), durante la giornata di studi dedicata, questa mattina, all’hate speech  dall’Università Cattolica di Milano. Secondo il docente, bisogna lavorare nelle scuole per far emergere il sommerso, “per cercare di capire quello che gli studenti non vogliono dire. Usiamo – suggerisce – le scuole come un contesto controllato in cui far emergere una violenza verso la quale non dobbiamo avere un atteggiamento punitivo”. Per Faloppa occorre poi lavorare con i media: “Dobbiamo fare ancora formazione, per evitare che l’informazione cerchi il click facile per la polarizzazione estrema dei discorsi”. “Il punto – aggiunge – è che molti discorsi d’odio sono anche on life. Dobbiamo tornare a una osservazione etnografica con strumenti di ricerca sociale sul campo perché molto linguaggio d’odio viene esperito fuori dai social. Il lavoro è complesso, dobbiamo avere una proposta che metta insieme i punti a livello di Consiglio d’Europa e avere un livello di comparazione dei dati”. Per il docente, bisogna inoltre investire nella responsabilizzazione dell’utenza. “Deve essere un compito degli attori nazionali e delle autorità indipendenti, questo lavoro di grande ricucitura deve essere fatto. È evidente che la scuola deve essere centrale. Le reti sono fondamentali ma dobbiamo intervenire su strumenti tecnologici, sociali, culturali e quindi un lavoro di lunga durata sugli stereotipi deve essere costante, non può essere risolto con un algoritmo”.

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