“L’evoluzione della natalità è fortemente condizionata dalle variazioni nella cadenza delle nascite rispetto all’età delle madri. In questo scenario è interessante osservare come abbia agito la crisi sulle scelte riproduttive di una popolazione che diventa genitore sempre più tardi”. È quanto osserva oggi l’Istat nel report “Natalità e fecondità della popolazione residente” riferito all’anno 2020. “A livello nazionale, nel periodo gennaio-ottobre 2020 la contrazione dei nati riguarda soprattutto le giovanissime (-5,6% per le donne fino a 24 anni) ed esclude solo le età più avanzate, che presentano invece un aumento (+7,1% nella classe di età 45 e oltre)”.
Nei mesi successivi, “il calo continua a essere forte per il segmento più giovane e assume un’intensità anomala per le donne con più di 45 anni, i cui nati diminuiscono vertiginosamente a partire da novembre, con la sola eccezione di aprile e maggio 2021 in cui registrano una variazione positiva. La diminuzione complessiva dei nati di questa fascia di età, in corrispondenza dei concepimenti dei mesi più bui della pandemia, è verosimilmente da mettere in relazione anche con la possibile riduzione nel ricorso alla procreazione medicalmente assistita, soprattutto nei mesi del lockdown. Il ricorso a tali tecniche, infatti, è molto diffuso a partire dai 40 anni, in particolar modo tra chi ha più di 45 anni”.
L’Istituto nazionale di statistica ricorda che “il recupero registrato a marzo, in corrispondenza dei concepimenti avvenuti durante l’avvio della fase di transizione tra le due ondate, riguarda soprattutto i nati da donne tra 35 e 44 anni (+6,4%), recupero che si protrae nel mese di aprile con valori analoghi (+6,0%); si può ipotizzare che la scelta di rimandare i progetti riproduttivi abbia agito meno sulle donne in età più avanzata rispetto alle giovani che hanno davanti un orizzonte temporale più lungo”.
Le fasce di età più giovani sono “le uniche a mostrare un rinvio della maternità, facendo evidenziare variazioni sempre negative in tutto il periodo considerato, con picchi negativi a gennaio (-24,9%) in corrispondenza dei concepimenti della prima ondata”.
Il calo dei nati in corrispondenza degli effetti del primo periodo della pandemia “aggrava, nonostante il leggero recupero osservato nei mesi di marzo e aprile 2021, una situazione già di per sé critica. Inoltre è necessario sottolineare che la drastica contrazione del numero di matrimoni, dovuta prevalentemente alle misure restrittive imposte dalla crisi, può costituire un elemento rilevante per le prospettive di natalità negli anni a venire. Si stima che il crollo dei matrimoni registrato tra il 2019 e il 2020, che li ha portati a dimezzarsi, possa determinare già entro il 2023 un calo di 40mila nascite, ipotizzando costanti i comportamenti riproduttivi delle coppie sposate a partire dal 2014”.