“Quanto è importante per ciascuno di noi coltivare una vita giusta e allo stesso tempo sentirci sempre bisognosi dell’aiuto di Dio! Per poter allargare i nostri orizzonti e considerare le circostanze della vita da un punto di vista diverso, più ampio”. Lo ha esclamato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla figura di San Giuseppe come “uomo giusto” e promesso sposo di Maria. “Tante volte ci sentiamo prigionieri di quello che ci è accaduto”, ha osservato Francesco: “ma proprio davanti ad alcune circostanze della vita, che ci appaiono inizialmente drammatiche, si nasconde una Provvidenza che con il tempo prende forma e illumina di significato anche il dolore che ci ha colpiti”. “La tentazione è chiuderci nel dolore, e questo non va bene, porta tristezza, amarezza: il cuore amaro”, ha aggiunto il Papa a braccio. La storia di Giuseppe, a questo proposito, è emblematica: quando ha appreso che Maria era incinta, “Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto”, ha ricordato. “Per comprendere il comportamento di Giuseppe nei confronti di Maria, è utile ricordare le usanze matrimoniali dell’antico Israele”, ha spiegato il Papa: “Il matrimonio comprendeva due fasi ben definite. La prima era come un fidanzamento ufficiale, che comportava già una situazione nuova: in particolare la donna, pur continuando a vivere nella casa paterna ancora per un anno, era considerata di fatto moglie del promesso sposo. Ancora non vivevano insieme, ma erano sposi. Il secondo atto era il trasferimento della sposa dalla casa paterna alla casa dello sposo. Ciò avveniva con una festosa processione, che completava il matrimonio. In base a queste usanze, il fatto che «prima che andassero a vivere insieme, Maria si trovò incinta, esponeva la Vergine all’accusa di adulterio. E questa colpa, secondo la Legge antica, doveva essere punita con la lapidazione”.