La sinodalità e la presenza della Chiesa nel contesto della pandemia del Covid-19 sono i punti toccati ieri, nella prima giornata dell’assemblea plenaria, che si tiene dopo molto tempo in presenza, della Conferenza episcopale messicana (Cem). L’incontro è stato aperto da un breve saluto del presidente uscente della Cem, mons. Rogelio Cabrera López, arcivescovo di Monterrey, e da un più ampio intervento del nunzio apostolico, mons. Franco Coppola.
“Il vescovo di Roma, come principio e fondamento dell’unità della Chiesa, chiede a tutti i vescovi e a tutte le Chiese particolari di intraprendere con fiducia e audacia il cammino della sinodalità”. Secondo il nunzio, “nonostante le nostre infedeltà, lo Spirito continua ad agire nella storia e a manifestare la sua forza vivificante”. Se da una parte “prevale una mentalità secolarizzata che tende ad espellere la religione dallo spazio pubblico – anche nel nostro Paese -, dall’altra c’è un fondamentalismo religioso che non rispetta la libertà altrui, che alimenta forme di intolleranza e violenza che riflettono anche sulla comunità cristiana e sui suoi rapporti con la società. Non è raro che i cristiani assumano questi stessi atteggiamenti, alimentando divisioni e opposizioni anche nella Chiesa. Queste situazioni incidono profondamente sul significato dell’espressione ‘camminare insieme’ e sulle possibilità concrete di metterla in atto”.
In questo contesto, “la sinodalità rappresenta la via maestra per la Chiesa, chiamata a rinnovarsi sotto l’azione dello Spirito e grazie all’ascolto della Parola. La capacità di immaginare un futuro diverso per la Chiesa e per le istituzioni all’altezza della missione ricevuta, dipende in gran parte dalla decisione di iniziare a mettere in atto processi di ascolto, dialogo e discernimento comunitario a cui tutti possono partecipare e contribuire”. Per mons. Coppola, questo cammino, che diventa anche “segno profetico” per il mondo d’oggi, si interseca con la pandemia, che “mette alla prova la capacità della Chiesa di accompagnare le persone e le comunità, perché possano rileggere esperienze di lutto e sofferenza che hanno coperto tante false assicurazioni e per coltivare la speranza e la fede nella bontà del Creatore e della sua creazione”. Al tempo stesso, “non possiamo nasconderci che la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e anche la corruzione al suo interno”. Mons. Coppola ha citato i tristi casi di abusi, con le grida delle vittime per lungo tempo non ascoltate a sufficienza, e “una cultura impregnata di clericalismo”.
In precedenza, mons. Cabrera aveva messo in evidenza le conseguenze della pandemia sulla società, sul sistema sanitario, sui più poveri, definendola una tormenta “che ha messo in pericolo la stabilità della nostra barca ecclesiale”. Ha anche fatto presente che la Chiesa ha cercato di rispondere nel migliore dei modi, sia nel proseguire le attività di catechesi e liturgiche, spesso a distanza, sia nella sua opera di carità.