In un clima di generale caos e incertezza, desta notevole preoccupazione la notizia, confermata a Fides da fonti locali, dell’incursione compiuta il 5 novembre scorso da forze militari governative in un centro gestito dai Salesiani nella zona di Gottera, ad Addis Abeba, con il conseguente arresto di 17 tra sacerdoti, fratelli e impiegati nel Centro, tutti presi senza ragione e deportati in un luogo sconosciuto. Scossi dall’evento, i Salesiani in Etiopia, in un messaggio inviato a Fides, invitano a “pregare per la pace e l’unità del Paese”. In una situazione di sofferenza, povertà, paura e assoluta precarietà, tutti i cristiani in Etiopia auspicano che l’appello del Papa, l’intervento dell’Unione africana e quello dell’inviato americano nel Corno d’Africa, Jeffrey Feltman, contribuiscano a rasserenare la situazione. “La notizia dell’arresto di sacerdoti, diaconi e laici etiopi ed eritrei che vivevano nella casa provinciale dei Salesiani – commenta a Fides don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeisha – ci lascia sgomenti. Non riusciamo ancora a comprendere quali siano i motivi alla base di un atto così grave: perché arrestare sacerdoti che svolgono la loro missione di educazione, peraltro in un centro impegnato da sempre a fare del bene, molto frequentato da anni da tantissimi bambini, dove si fa recupero dei bambini di strada? Hanno arrestato il provinciale, sacerdoti, diaconi personale di cucina, sappiamo di incursioni e perquisizioni in altre case religiose. Ma è chiaro a tutti che le chiese e le case di religiosi non sono centri di politica. Ci auguriamo che tutto si risolva al più presto e che si giunga a una rapidissima liberazione di tutti e che questa follia non sia di ostacolo alla missione della Chiesa verso i poveri e verso quanti si trovano in difficoltà. Io stesso ho visitato quel Centro e constatato come funzionasse bene, aperto a tutti senza nessuna distinzione di etnia, religione, classe sociale”. I Salesiani hanno cominciato a lavorare in Etiopia nel 1975. Da allora hanno stabilito una presenza significativa in cinque regioni del Paese. Una di queste è proprio il Tigray, centro di un conflitto che nel giro di solo un anno è diventato la peggiore guerra in atto al mondo, con un numero infinito di profughi e la quasi totalità della popolazione ridotta allo stremo. Al momento, la provincia conta 100 membri risiedenti in una quindicina di case sparse in tutto l’immenso Paese africano. Le loro attività si svolgono per mezzo di tre centri missionari, 5 parrocchie, 6 scuole tecniche, 13 centri giovanili, 13 scuole primarie e secondarie e 2 centri per bambini di strada.