“Guardarsi dagli ipocriti, cioè stare attenti a non basare la vita sul culto dell’apparenza, dell’esteriorità, sulla cura esagerata della propria immagine”. È il monito del Papa, che durante l’Angelus di ieri ha esortato a “stare attenti a non piegare la fede ai nostri interessi”. “Quegli scribi coprivano, con il nome di Dio, la propria vanagloria e, ancora peggio, usavano la religione per curare i loro affari, abusando della loro autorità e sfruttando i poveri”, il commento sulla scorta del Vangelo: “Qui vediamo quell’atteggiamento così brutto che anche oggi vediamo in tanti posti, in tanti luoghi, il clericalismo, questo essere sopra gli umili, sfruttarli, ‘bastonarli’, sentirsi perfetti. Questo è il male del clericalismo. È un monito per ogni tempo e per tutti, Chiesa e società: mai approfittare del proprio ruolo per schiacciare gli altri, mai guadagnare sulla pelle dei più deboli! E vigilare, per non cadere nella vanità, perché non ci succeda di fissarci sulle apparenze, perdendo la sostanza e vivendo nella superficialità”. “Chiediamoci, ci aiuterà”, l’invito: “in quello che diciamo e facciamo, desideriamo essere apprezzati e gratificati oppure rendere un servizio a Dio e al prossimo, specialmente ai più deboli? Vigiliamo sulle falsità del cuore, sull’ipocrisia, che è una pericolosa malattia dell’anima! È un pensare doppio, un giudicare doppio, come dice la stessa parola: ‘giudicare sotto’, apparire in un modo e ‘ipo’, sotto, avere un altro pensiero. Doppi, gente con l’anima doppia,
doppiezza dell’anima”. “Quanto è importante liberare il sacro dai legami con il denaro!”, l’esempio da seguire, come fa la vedova nel Vangelo: “Già Gesù
lo aveva detto, in un altro posto: non si può servire due padroni. O tu servi Dio – e noi pensiamo che dica ‘o il diavolo”’ no – o Dio o il denaro. È un padrone, e Gesù dice che non dobbiamo servirlo. Ma, allo stesso tempo, Gesù loda il fatto che questa vedova getta nel tesoro tutto ciò che ha. Non le rimane niente, ma trova in Dio il suo tutto. Non teme di perdere il poco che ha, perché ha fiducia nel tanto di Dio, e questo tanto di Dio moltiplica la gioia di chi dona. Ecco allora che Gesù la propone come maestra di fede, questa signora: lei non frequenta il Tempio per mettersi la coscienza a posto, non prega per farsi vedere, non ostenta la fede, ma dona con il cuore, con generosità e gratuità. Le sue monetine hanno un suono più bello delle grandi offerte dei ricchi, perché esprimono una vita dedita a Dio con sincerità, una fede che non vive di apparenze ma di fiducia incondizionata. Impariamo da lei: una fede senza orpelli esteriori, ma interiormente sincera; una fede fatta di amore umile per Dio e per i fratelli”.