Per Caritas italiana ci sono alcune priorità importanti nelle proposte di riordino e modifiche al reddito di cittadinanza, in vista dell’esame della Legge di bilancio alle Camere. Ne parla in una intervista al Sir la sociologa Nunzia De Capite, dell’ufficio politiche sociali di Caritas italiana, criticando l’attuale “giro di vite solo sui controlli”. Si tratta, in particolare, di “rivedere i criteri di accesso per permettere ai poveri che non lo ricevono di accedere alla misura e continuare il percorso di rafforzamento amministrativo sui comuni, sugli assistenti sociali e sui centri per l’impiego. Perché altrimenti la misura rimane incompiuta sull’inserimento sociale e lavorativo. Qui bisogna assumere personale, formarlo e aiutarlo a lavorare bene”. Inoltre, prosegue De Capite, “bisogna guardare al reddito nella sua completezza e prevedere il rafforzamento dei livelli locali, altrimenti rimarrà solamente una misura di contributo economico. E non sarà colpa di chi la riceve se non funziona”. Altra cosa utilissima, aggiunge, “è raccordare il reddito agli altri strumenti: ad esempio il Gol per i lavoratori e il piano nazionale per gli interventi ai servizi sociali che destina risorse ai comuni rispetto al Fondo nazionale politiche sociali. Ci sono una serie di programmi nazionali di intervento sul lavoro e sul sociale che bisognerebbe far procedere parallelamente insieme al reddito, per evitare che si spezzettino le risposte”. Perché le vere anomalie del reddito, ricorda, non sono “i furbetti” che lo ricevono senza averne diritto ma il fatto che l’attuale misura è “disegnata in modo tale da tener fuori il 56% delle persone in povertà assoluta”. Tra i problemi, il primo riguarda “gli stranieri che non risiedono da almeno 10 anni in Italia”, il secondo “il requisito troppo stringente del patrimonio mobiliare, cioè i risparmi, che escludono un terzo delle famiglie poveri. Se le persone hanno anche 1 euro in più rispetto alla soglia prevista viene tagliato fuori”. Il terzo: “Il fatto che le soglie sono uniche su tutto il territorio nazionale vuol dire che non sta coprendo i poveri del nord. C’è una copertura del 30% dei poveri al nord contro il 90% dei poveri al sud. Poi c’è la questione della scala di equivalenza piatta, per cui i nuclei composti da una sola persona prendono un contributo decisamente maggiore rispetto alle famiglie di 4 persone”.