Nella prevenzione dell’infezione da Sars-CoV-2 il vaccino è l’arma principale, ma per alcune situazioni potrebbero essere utili gli anticorpi monoclonali. Non è ancora una strategia attuabile, ma può essere uno sviluppo futuro nell’utilizzo dei monoclonali, già impiegati in funzione terapeutica. “I soggetti che potrebbero trarre beneficio da un uso degli anticorpi monoclonali in profilassi pre-esposizione sono coloro che non possono fare il vaccino, che non sviluppano una risposta immunitaria o si prevede che non la sviluppino. Sono quei soggetti fragili sottoposti a terapie immunodepressive”, spiega Claudio Mastroianni, vicepresidente Simit-Società italiana di malattie infettive e tropicali, intervenendo al Congresso nazionale in corso a Milano. “Accanto al possibile uso in profilassi pre-esposizione, ci sono dati che indicano che sono efficaci anche come profilassi post-esposizione in soggetti fragili con tampone negativo ma che sono stati contatti stretti di persone infettate dal virus”, prosegue l’esperto. D’altra parte “l’impiego degli anticorpi monoclonali orami è una realtà consolidata nel trattamento delle fasi precoci dell’infezione in quei soggetti che presentano un alto rischio di sviluppare una progressione severa della malattia. Fondamentale è la somministrazione precoce che deve avvenire preferibilmente entro 3-5 giorni dall’esordio dei sintomi. Poi vi sono coloro che vengono ospedalizzati perché hanno una polmonite che non necessita di un supporto respiratorio intensivo, e hanno un test sierologico negativo agli anticorpi: anche per loro i monoclonali possono funzionare come cura”. Gli anticorpi monoclonali, conclude, “rappresentano una terapia dal grande impatto nell’evitare l’ospedalizzazione, una delle conseguenze più devastanti del Covid. Oggi vengono somministrati in via endovenosa, ma l’auspicio è che presto possa essere possibile anche la formulazione intramuscolare e sottocutanea per eseguire la terapia a domicilio”.