“Constatare e verificare la piena ed immediata applicazione della riforma del processo di nullità matrimoniale nelle Chiese particolari”. È il compito della Commissione istituita dal Papa – con un apposito Motu Proprio diffuso oggi – per “suggerire” alle diocesi “quanto si ritenga opportuno e necessario per sostenere e aiutare il proficuo prosieguo della riforma, di modo che le Chiese, che sono in Italia, si mostrino ai fedeli madri generose, in una materia strettamente legata alla salvezza delle anime, così come è stato sollecitato dalla maggioranza dei miei Fratelli nell’Episcopato nel Sinodo straordinario sulla Famiglia”. La Commissione Pontificia “ad inquirendum et adiuvandum tutte e singole le Chiese particolari in Italia”, costituita presso il Tribunale della Rota Romana, è presieduta da mons. Alejandro Arellano Cedillo, decano del Tribunale della Rota Romana, e formata da mons. Vito Angelo Todisco e mons. Davide Salvatori, giudici del medesimo Tribunale Apostolico, nonché da mons. Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria e membro della Conferenza episcopale italiana. Al termine del suo ufficio, la Commissione elaborerà una dettagliata relazione circa il suo operato e su quanto riscontrato nell’applicazione del Motu proprio “Mitis Iudex”. Trascorsi quasi sei anni dall’entrata in vigore del Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, con il quale ha riformato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, il Papa ricorda nel Motu Proprio che “il vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati”. Di qui la volontà di “sostenere direttamente le Chiese che sono in Italia nella ricezione della riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, dando nuovo impulso all’applicazione del Motu proprio Mitis Iudex”, a partire dalla “funzione personale di giudice” che appartiene al vescovo diocesano, il quale “può esercitare la potestà giudiziale non solo personalmente, ma anche per mezzo di altri, a norma del diritto”.
“Il ministero giudiziale del vescovo – spiega ancora il Papa – per natura sua postula la vicinanza fra il giudice e i fedeli, il che a sua volta fa sorgere almeno un’aspettativa da parte dei fedeli di adire il tribunale del proprio vescovo secondo il principio della prossimità”. “Ogni vescovo, che non ha ancora il proprio tribunale ecclesiastico, deve cercare di erigerlo o almeno di adoperarsi affinché ciò diventi possibile”, l’indicazione di Francesco, secondo il quale “nella determinazione dei tribunali di appello deve essere tenuto presente il principio di prossimità”. Resta comunque “inalterato” il diritto di appello al Tribunale ordinario della Sede Apostolica, cioè alla Rota Romana. “La Conferenza episcopale italiana, distribuendo equamente alle diocesi le risorse umane ed economiche per l’esercizio della potestà giudiziale, sarà di stimolo e di aiuto ai singoli vescovi affinché mettano in pratica la riforma del processo matrimoniale”, l’auspicio finale del Papa: “la spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico – caratterizzata dalla prossimità, celerità e gratuità delle procedure – passa necessariamente attraverso una conversione delle strutture e delle persone”.