“L’8 luglio 2013 è avvenuto quello che poi si è dispiegato meglio negli anni successivi. Con la visita di Papa Francesco è cominciato un cambiamento”. Lo dice don Stefano Nastasi, parroco dal 2007 al 2013 nella chiesa di San Gerlando, unica parrocchia di Lampedusa, presentando il volume “Sbarchi di umanità. Lampedusa: un contributo Mediterraneo alla teologia dai poveri”, scritto assieme ad Alfonso Cacciatore, insegnante di religione cattolica e dottorando alla Facoltà Teologica di Sicilia ‘San Giovanni Evangelista’ di Palermo.
Il sacerdote rievoca la fase preparatoria della visita e le parole di uno dei sacerdoti che veniva dal Vaticano. “Mi disse che ‘il Papa venendo a Lampedusa vuole parlare a due continenti contemporaneamente, vuole parlare all’Europa, vuole parlare all’Africa’. Questa cosa – riferisce – mi è rimasta come immagine perché è quello che è avvenuto in realtà, durante la visita. Il tentativo di parlare, dialogare, ascoltare contemporaneamente sia all’Europa, che all’Africa, queste due realtà che a Lampedusa trovano un punto di incontro”.
Don Nastasi ricorda nel libro e ai nostri microfoni anche una delle più grandi tragedie nel Mediterraneo, che si è verificata pochi mesi dopo la visita del Papa a Lampedusa: il naufragio del 3 ottobre in cui persero la vita 368 persone. “Un’immagine – racconta il sacerdote – che ho messo a fuoco nei mesi successivi perché è qualcosa che mi è rimasto impresso nella mente ma rimane ancora più impresso nel cuore, come stimmate che ti segnano per sempre. Ho visto il recupero dei corpi annegati nel mare e le salme disposte nell’hangar dell’aeroporto, ho accompagnato questo momento insieme alla comunità in un silenzio che si è fatto lamento prima e poi preghiera. Non c’era tempo per pensare, bisognava agire per soccorrere, per aiutare chi aveva ancora possibilità di vivere e nello stesso tempo evitare di fare disperdere i corpi dei naufraghi, perché la memoria ne custodisse l’affetto unitamente al dolore”.