“Amica Acqua”: è il progetto di Sport senza frontiere (Ssf) rivolto a mamme e bambini richiedenti asilo provenienti dal circuito Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) che hanno affrontato e vissuto la traversata in mare per arrivare in Italia a bordo di barconi precari, con i figli in braccio o in grembo. Il progetto si pone come obiettivo il recupero dai traumi della traversata del Mediterraneo. Attraverso i corsi settimanali di acquaticità di Amica Acqua, Sport senza frontiere punta a ridare a queste donne e ai loro piccoli, la possibilità di recuperare il rapporto con l’acqua che, gradualmente, lascia le caratteristiche di ostilità e si modifica in uno spazio in cui si può praticare sport e stare bene, superando il trauma del viaggio. Ad oggi, sono oltre 60 le donne e i bambini coinvolti. Dopo un anno di fermo a causa dell’emergenza sanitaria, la piscina Fulvio Bernardini della Uisp ha riaperto al progetto e accoglie 11 mamme e rispettivi figli, sotto la supervisione degli educatori e dei volontari. “L’acqua – spiega Alessandro Tappa, presidente di Ssf – è una via di fuga dalla fame e dalla violenza, ma anche un nemico che da un momento all’altro può inghiottirti. Questa è stata l’esperienza del mare per tante mamme e bambini che abbiamo accolto in questi anni, un trauma che il nostro progetto Amica acqua ha aiutato a superare. Queste famiglie che hanno approcciato il mare per la prima volta su un barcone precario e affollato che li portava verso le coste italiane di certo non avevano mai frequentato una spiaggia né tantomeno una piscina e così a molte mamme in alcuni casi abbiamo dovuto spiegare come indossare un costume o convincerle ad indossarlo, come portare la cuffia, come preparare i bambini prima di entrare in acqua. Abbiamo insegnato alle mamme e ai bambini a nuotare, mostrando il volto amico dell’acqua. Attraverso i corsi settimanali di acquaticità di Amica Acqua, cerchiamo di ridare a queste famiglie la possibilità di recuperare il rapporto con l’acqua e soprattutto con il proprio corpo spesso violato, ferito e sfruttato, mostrando l’acqua stessa come uno spazio in cui si può praticare sport e stare bene, superando il trauma del viaggio e della violenza”.