In occasione della 26ª Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si è aperta ieri a Glasgow, Caritas Internationalis ha lanciato un appello ai leader mondiali “per un impegno incondizionato da parte degli Stati più ricchi a proteggere le popolazioni più povere dei Paesi in via di sviluppo, che sono rese vulnerabili a causa del cambiamento climatico, pur non essendone responsabili”. I 162 membri Caritas della Confederazione – alcuni dei quali sono presenti alla Cop26 – “sono in prima linea nel rispondere alle drammatiche conseguenze dei cambiamenti climatici che sono causa di grave sofferenza per numerose comunità”. Pertanto, in linea con l’enciclica Laudato si’, Caritas Internationalis reitera “il proprio appello in favore della giustizia climatica e delle politiche che tutelano i più vulnerabili, in special modo i migranti”. “Il cambiamento climatico – afferma Aloysius John, segretario generale di Caritas Internationalis – ha già prodotto impatti irreparabili in molte parti del mondo dove l’adattamento è la sfida principale per le popolazioni locali. Sebbene non siano responsabili della crisi climatica, queste comunità sono comunque costrette a sopportarne le conseguenze in termini di perdita di alloggi, mezzi di sussistenza, habitat e infrastrutture”. La Confederazione esorta pertanto i governi a “sviluppare e promuovere politiche climatiche in favore dei poveri e basate sui diritti umani che permettano ai poveri di vivere con dignità e di adattarsi e resistere agli impatti negativi dei cambiamenti climatici”; “ad onorare la promessa di fornire un assolutamente necessario sostegno finanziario ai Paesi più poveri, affrontando la questione del risarcimento dei danni come una priorità, stanziando finanziamenti specifici per il clima e garantendo una protezione speciale alle persone e alle comunità sfollate interne o costrette a emigrare in altri Paesi a causa del cambiamento climatico”; e ad “impegnarsi a perseguire un’autentica cooperazione con le organizzazioni della società civile, e in particolare con le organizzazioni religiose e le Chiese locali che hanno strette relazioni con le comunità locali”.