“Non scoraggiamoci, non fermiamoci semplicemente a contare quanti siamo. Spesso cadiamo nella tentazione del conteggio che era estranea a Gesù. Piuttosto, dobbiamo contagiare, non con il virus chiaramente, ma nella fede e con la gioia. Non dunque il conteggio ma il contagio”: così mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovi di Carpi, vicepresidente della Cei e consultore della Segreteria del Sinodo dei vescovi, in un’intervista rilasciata a Tele Dehon, la tv dei padri dehoniani. Per mons. Castellucci, “l’ideazione di questo Sinodo vorrebbe evitare il formalismo e passare attraverso l’esperienza dell’incontro concreto”. “In questi mesi in cui si è cominciato a parlare di Sinodo – ha aggiunto – visitando alcune diocesi ho incontrato tanti sacerdoti e tanti laici in attesa positiva. Mi aspettavo molto più distacco e scetticismo, invece, c’è il desiderio di costruire le relazioni di fede ma anche nella Chiesa attraverso il recupero dell’umano; formazione significa soprattutto questo, ripartire dalla centralità delle relazioni”. Inoltre, “un fedele dovrebbe prendere parte al Sinodo perché fa parte della Chiesa, ogni fedele compone la Chiesa. Purtroppo, abbiamo ancora l’idea di una Chiesa gerarchica, in realtà è un’Assemblea. Questo cammino sinodale non è proposto solo ai fedeli praticanti ma è aperto anche a coloro che si sentono lontani, che sono critici verso la Chiesa, perché in tutti c’è una ricchezza che va raccolta”. Mons. Castellucci ha concluso ribadendo che “si capisce l’importanza del Sinodo solo facendo Sinodo. È una di quelle realtà che si può spiegare teoricamente ma finché non viene praticata non se ne colgono bellezza e peso”.