La deforestazione nella foresta pluviale amazzonica brasiliana è salita del 22% nell’ultimo anno. Si tratta del livello più alto dal 2006. La cifra smentisce platealmente le assicurazioni date alla Cop26 di Glasgow dal presidente Jair Bolsonaro, sul fatto che il Paese sta frenando il disboscamento illegale. Anzi, appare curioso che i dati siano stati trasmessi proprio all’indomani della chiusura della Conferenza Onu sul clima.
I numeri, diffusi ieri, sono ufficiali, riguardano il periodo agosto 2020-luglio 2021 e provengono da un organismo governativo brasiliano, e precisamente dall’Agenzia di ricerca spaziale brasiliana (Inpe), che ha registrato 13.235 km quadrati di deforestazione nella più grande foresta pluviale del mondo alla luce dei dati satellitari. Si tratta di un’area grande quasi 17 volte la città di New York.
Conferme sulla deforestazione e sulla frequente “complicità” degli organi di polizia che dovrebbero, invece, combatterla, arrivano nelle ultime 24 ore dalle organizzazioni indigene. Secondo il Consiglio indigeno di Roraima (Cir), sei persone della Comunità Tabatinga sono state ferite martedì scorso in un’azione della polizia militare dello Stato del Roraima, all’interno del territorio indigeno di Raposa Serra do Sol, martedì 16. L’obiettivo, secondo l’organizzazione, era quello di distruggere un posto di sorveglianza allestito dagli indigeni per prevenire l’estrazione illegale dell’oro nella regione.
Il coordinatore generale del Cir, Edinho Batista de Souza, ha dichiarato di condannare le azioni della polizia, che secondo l’organismo ha sparato proiettili di gomma contro gli indigeni: “Condanno l’azione criminale del Governo contro la comunità indigena di Tabatinga e una legittima attività di monitoraggio territoriale, svolta dalle comunità indigene, a causa della mancanza di potere pubblico per combattere l’invasione delle terre indigene”.
Un’ulteriore denuncia arriva dal popolo Akroá Gamella, del territorio indigeno di Taquaritiua, nello Stato del Maranhão. Secondo la rappresentanza indigena, la popolazione sarebbe stata sorpresa dall’arrivo ostile di dipendenti di una società elettrica, accompagnati da persone che si sono qualificate come agenti di polizia. Secondo i leader indigeni, erano lì per installare torri e linee di trasmissione.
Successivamente, sempre secondo la denuncia, il villaggio di Cajueiro è stato raggiunto da veicoli della Polizia militare, che hanno sequestrato telefoni cellulari e apparecchiature di comunicazione agli indigeni. Alcuni leader sono stati portati, con la forza, alla stazione di polizia. Entrambe le denunce sono state rilanciate dal Cimi, il Consiglio indigeno missionario legato alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile.