“Ancora una vittima minorenne, un bambino inerme, vittima di violenza estrema; una famiglia in difficoltà, forse lasciata sola”. Maria Cristina Di Gregorio, psicoterapeuta presso due strutture di accoglienza per minori della provincia di Teramo, Casa Madre Ester e Nido del Focolare, commenta al Sir l’uccisione a coltellate di Mattias, un bambino di origine polacca di 10 anni, ieri pomeriggio, a Vetralla, in provincia di Viterbo, verosimilmente per mano del padre, trovato nella stanza accanto in stato di incoscienza. Mentre i carabinieri stanno lavorando per ricostruire la dinamica del tragico gesto, pur precisando di non conoscere il contesto nel quale si è consumato, Di Gregorio parla di “molte situazioni sommerse” e di “una grande difficoltà a vederle e ad ascoltarle”. Pensando alla propria esperienza, afferma: “Le situazioni che arrivano da noi sono ormai compromesse perché non c’è stato un intervento immediato. Stiamo scontando la grande carenza di servizi dedicati all’infanzia e all’adolescenza. Se ci fossero servizi preposti alla prevenzione, non soltanto diminuirebbero situazioni estreme come questa, ma sarebbe più semplice intercettare i primi segnali di difficoltà e disagio. Purtroppo le agenzie che si occupano di minori – scuola, centri sportivi, associazioni – non dispongono di insegnanti, allenatori, educatori, animatori adeguatamente formati per cogliere i segnali di allarme. Nella maggior parte dei casi si arriva troppo tardi: quando le situazioni sono precipitate, e quindi difficilmente recuperabili, e in alcuni casi, come questo, con esiti drammatici”.
Per l’esperta occorre “una formazione approfondita e omogenea, un lavoro di rete e un linguaggio condiviso a più livelli, una strategia univoca”, ma servono inoltre “servizi che coinvolgano anche la famiglia. Spesso questi casi si inseriscono in un contesto problematico in cui la vittima o la persona vulnerabile ha difficoltà a chiedere aiuto perché c’è una grave compromissione a livello psicologico”. Nel caso di Vetralla, era stato emesso un decreto di divieto di avvicinamento per il padre. “A fronte di un intervento giudiziario – si chiede Di Gregorio – c’è stato anche un intervento dei Servizi sociali?”. Sembra – ma mentre procedono le indagini la cautela è d’obbligo – che quasi nessuno conoscesse quella famiglia. “Probabilmente si tratta di un nucleo familiare isolato, privo di qualsiasi rete di relazioni. Una solitudine che aggrava ulteriormente i disagi”.