“Purtroppo oggi assistiamo a una contrazione dell’universalità dei diritti umani e la pandemia lo ha tragicamente evidenziato. I migranti e i rifugiati hanno subìto molto spesso sulla loro pelle la trasformazione dei diritti di tutti in privilegi di alcuni”: lo ha affermato oggi a Roma il card. Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione Migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, intervenendo oggi all’inaugurazione della mostra fotografica “Volti al futuro” organizzata dal Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia, in occasione del 40° anniversario della nascita dello Servizio fondato da padre Pedro Arrupe. La mostra, esposta fino al 28 novembre nella chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, rappresenta venti ritratti di rifugiati accolti al Centro Astalli e realizzati da Francesco Malavolta. “Gli esempi che potremmo portare sono molti: dai migranti respinti alla frontiera del Messico ai viaggi della speranza nel Mar Mediterraneo, dagli esodi delle popolazioni sfollate interne dell’Africa alle persecuzioni delle minoranze etniche dell’Asia e dell’America Latina – ha proseguito il card. Czerny -. Davanti a una storia che sembra tornare indietro, di fronte a tanto dolore, a tante ferite, alla consapevolezza che la pandemia ha creato rispetto a questo mondo malato, non possiamo rimanere indifferenti”. Il futuro dell’umanità, aggiunto, “passa attraverso l’inclusione sociale dei migranti, la costruzione della pace e il dialogo sociale. La condizione per costruire inclusione, giustizia e pace è camminare insieme”. Per fare ciò, ha concluso, “non ci sono ricette teoriche, ci sono tanti accordi e patti ma che rischiano di rimanere lettera morta se non vengono tradotti in politiche attive. Occorre progettare e camminare insieme. Per farlo, però, dobbiamo avvicinarci veramente ai rifugiati come persone, conoscere la loro vita e acquisire il loro sguardo sulla vita. Solo così possiamo vedere il mondo dal loro punto di vista. Ora ci aspetta una sfida per il futuro quella di una cultura dell’incontro che apra a comunità sempre più inclusive e solidali, dobbiamo camminare verso un noi sempre più grande“.