“Quando si ha a che fare con una persona che ha una patologia inguaribile c’è una terapia che non può mai venire meno: la relazione di cura”. È quanto si legge in una nota del Tavolo Cei degli hospice cattolici e di ispirazione cristiana all’indomani della Giornata nazionale delle cure palliative, istituita per diffonderne la conoscenza e sensibilizzare la società sul tema dell’assistenza e del sostegno nei percorsi di fine vita. Data prescelta l’11 novembre, festa di san Martino di Tours, il cavaliere che offrì spontaneamente il suo mantello a un mendicante per ripararlo dal freddo, simbolo naturale di protezione e generosità e per questo patrono di queste cure.
Le cure palliative “pongono al centro la persona e prendono in considerazione non soltanto la sfera clinica, ma anche gli aspetti sociali, psicologici e spirituali del paziente e dei suoi cari”, si legge ancora nella nota. Obiettivo, “preservare la dignità dell’essere umano non considerandolo un insieme di sintomi ma una persona nella sua totalità. Con lo stesso livello di attenzione sono oggetto di cura anche i suoi cari”. Di qui la necessità di un’équipe di professionisti che mettano al servizio del malato le loro esperienze e capacità, in un dialogo continuo che prende in carico il paziente e il suo nucleo di affetti, seguendoli e accompagnandoli per tutto il percorso della malattia, affrontando insieme le difficoltà pratiche ed emotive che comporta.
In Italia l’accesso alle cure palliative è un diritto del cittadino sancito dalla legge 38/2010 grazie alla quale il servizio di assistenza è gratuito e totalmente coperto dal Ssn. “Un diritto sconosciuto è un diritto leso – sostengono i componenti del Tavolo Cei –, perciò è fondamentale che la conoscenza di questo diritto raggiunga quante più persone possibile. Un malato inguaribile non è un malato incurabile: per questo quando una persona non può più essere guarita può ancora essere curata”.