(da Bruxelles) “Lo scorso settembre una donna polacca di 30 anni è morta di shock setticemico perché i suoi medici, a causa delle restrizioni imposte all’aborto legale in Polonia, non le hanno praticato un aborto terapeutico, aspettando invece che morisse il feto”. Lo si legge in un comunicato ufficiale diffuso dal Parlamento europeo che è riunito in plenaria a Bruxelles. In una risoluzione adottata oggi, gli eurodeputati chiedono al governo polacco di garantire che “non una donna di più” in Polonia “perda la vita a causa di questa legge restrittiva”. Il testo è stato approvato con 373 voti favorevoli, 124 contrari e 55 astensioni. “I deputati – prosegue la nota – ribadiscono la loro ferma condanna per la sentenza pronunciata dal Tribunale costituzionale illegittimo il 22 ottobre 2020, che impone un divieto di aborto pressoché assoluto e mette a repentaglio la salute e la vita delle donne”. Invitano il governo polacco “a garantire rapidamente e pienamente l’accesso a servizi di aborto sicuri, legali e gratuiti per tutte le donne”. “A causa di questa legislazione oppressiva, le donne sono spinte a ricorrere forme all’aborto non sicuro, a recarsi all’estero per abortire o a portare a termine la gravidanza contro la loro volontà, anche in caso di malformazione grave o mortale del feto”. Il Parlamento invita quindi i Paesi Ue “a cooperare più efficacemente per facilitare l’accesso transfrontaliero ai servizi abortivi, ad esempio garantendo alle donne polacche l’accesso a un aborto gratuito e sicuro in altri sistemi sanitari nazionali”.