“Padre Yves Congar ha scritto un libro epocale, che auspica una vera riforma della Chiesa”. Così mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, vicepresidente della Cei e consultore della Segreteria del Sinodo dei vescovi , commenta per il Sir la frase con cui Papa Francesco ha concluso il suo discorso durante il momento di riflessione iniziale sul cammino sinodale. Per dare corpo non ad un’altra Chiesa, ma ad una Chiesa diversa, come raccomanda Congar e rilancia Bergoglio – ha spiegato Castellucci – “occorre una vera conversione, perché senza conversione si tratterebbe solo di un rifacimento esteriore, di un abbellimento”. Conversione, aggiunge il presule, “significa anche cambiamento strutturale, a livello formativo, di evangelizzazione, di impostazione, di organizzazione, partendo dalla consapevolezza che al primo posto non ci sono gli organismi e le strutture, ma la relazione, lo stile evangelico fatto di sobrietà e di prossimità di cui ci ha parlato anche oggi il Santo Padre”. Uno stile di prossimità, aggiunge Castellucci, che è tipico della tradizione della Chiesa italiana, il cui Cammino sinodale è di fatto già iniziato con l’Assemblea dei vescovi del maggio scorso e si appresta a proseguire il 17 ottobre prossimo, come avviene in tutte le altre diocesi del mondo per il primo Sinodo della storia della Chiesa che parte “dal basso”. “Il primo anno del Cammino sinodale – ricorda Castellucci – sarà caratterizzato dai gruppi di ascolto, da momenti di ascolto e di condivisione e circolazione delle esperienze di prossimità che sono spesso nascoste, perché fanno più notizia gli scandali che i buoni esempi”. La Chiesa italiana, del resto, “ha una lunga tradizione di vicinanza alle persone, non solo da parte dei sacerdoti, ma da tutti i membri delle nostre comunità, che pur con i loro limiti si dimostrano sempre pronte ad essere vicini a chi è nel bisogno, come ha mostrato anche questo tempo di pandemia”. Anche l’imminente Settimana sociale, in programma a Taranto dal 21 al 24 ottobre, è pienamente inserita nel percorso sinodale: “L’attenzione della Chiesa italiana – afferma il vicepresidente della Cei – è focalizzata sul lavoro e il suo rapporto con l’ambiente. Spesso, e ancora di più dopo la pandemia, il problema non è solo la perdita del lavoro, ma anche del lavoro che entra in contrasto con la cura dell’ambiente. L’ex Ilva di Taranto è uno dei simboli di questo snodo fondamentale: non è sempre facile bilanciare questi due elementi, a volte alternativi, ma è necessario trovare soluzioni per provarci. Ci può essere un circolo virtuoso tra lavoro e ambiente, se mettiamo in circolo le buone prassi e lavoriamo ad obiettivi comuni”.