“In nessun modo il Documento preparatorio e il Vademecum vogliono precostituire le condizioni del cammino o dettare la strada, obbligando la Chiesa a un percorso stabilito in anticipo”. Lo ha assicurato il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, concludendo la prima sessione dei lavori del Sinodo sulla sinodalità, in corso nell’Aula nuova del Sinodo. “Se invece di terminare l’assemblea consegnando al Santo Padre il documento finale, facessimo un altro passaggio, quello di restituire le conclusioni dell’assemblea sinodale alle Chiese particolari dalle quali è iniziato tutto il processo sinodale?”, la proposta del cardinale rispetto all’ultima tappa del Sinodo, nel 2023: “In questo caso il documento finale arriverebbe al Vescovo di Roma, che da sempre e da tutti è riconosciuto come colui che emana i decreti stabiliti dai concili e dei sinodi, già accompagnato dal consenso di tutte le Chiese”. Il consenso sul documento, ha spiegato dunque Grech, “potrebbe non limitarsi solamente al placet del Vescovo, ma estendersi anche al popolo di Dio da lui nuovamente convocato per chiudere il processo sinodale aperto il 17 ottobre 2021”. “In questo caso – ha ancora precisato – il Vescovo di Roma, principio di unità di tutti i battezzati e di tutti i vescovi, riceverebbe un documento che manifesta insieme il consenso del Popolo di Dio e del Collegio dei Vescovi: si darebbe il caso di un atto di manifestazione del sensus omnium fidelium, che sarebbe al contempo anche un atto di magistero dei Vescovi sparsi per il mondo in comunione con il Papa”.