“Siamo chiamati, come rappresentanti delle religioni, a non cedere alle lusinghe del potere mondano, ma a farci voce di chi non ha voce, sostegno dei sofferenti, avvocati degli oppressi, delle vittime dell’odio, scartate dagli uomini in terra ma preziose davanti a Colui che abita i cieli”. Dal Colosseo, il Papa ha affidato questi compiti ai leader religiosi riuniti per iniziativa della Comunità di Sant’Egidio. “Oggi hanno timore, perché in troppe parti del mondo, anziché prevalere il dialogo e la cooperazione, riprende forza il confronto militare come strumento decisivo per imporsi”, l’analisi di Francesco, che ha ripetuto l’esortazione fatta ad Abu Dhabi “sul compito non più rimandabile che spetta alle religioni in questo delicato frangente storico: smilitarizzare il cuore dell’uomo”. “È nostra responsabilità, cari fratelli e sorelle credenti, aiutare a estirpare dai cuori l’odio e condannare ogni forma di violenza”, l’imperativo del Papa: “Con parole chiare incoraggiamo a questo: a deporre le armi, a ridurre le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari, a convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita. Non siano parole vuote, ma richieste insistenti che eleviamo per il bene dei nostri fratelli, contro la guerra e la morte, in nome di Colui che è pace e vita”. “Meno armi e più cibo, meno ipocrisia e più trasparenza, più vaccini distribuiti equamente e meno fucili venduti sprovvedutamente”, la traduzione in tempi di pandemia: “I tempi ci chiedono di farci voce di tanti credenti, persone semplici e disarmate stanche della violenza, perché chi detiene responsabilità per il bene comune si impegni non solo a condannare guerre e terrorismo, ma a creare le condizioni perché essi non divampino”.