“Con la vita dei popoli e dei bambini non si può giocare. Non si può restare indifferenti. Occorre, al contrario, entrare in empatia e riconoscere la comune umanità a cui apparteniamo, con le sue fatiche, le sue lotte e le sue fragilità”. Ne è convinto il Papa, che nell’incontro promosso questo pomeriggio al Colosseo dalla Comunità di Sant’Egidio ha esortato a pensare: “Tutto questo mi tocca, sarebbe potuto accadere anche qui, anche a me”. “Oggi, nella società globalizzata che spettacolarizza il dolore ma non lo compatisce, abbiamo bisogno di costruire compassione”, l’appello di Francesco: “Di sentire l’altro, di fare proprie le sue sofferenze, di riconoscerne il volto. Questo è il vero coraggio, il coraggio della compassione, che fa andare oltre il quieto vivere, oltre il non mi riguarda e il non mi appartiene. Per non lasciare che la vita dei popoli si riduca a un gioco tra potenti”. “No, la vita dei popoli non è un gioco, è cosa seria e riguarda tutti; non si può lasciare in balia degli interessi di pochi o in preda a passioni settarie e nazionaliste”, il monito del Papa: “È la guerra a prendersi gioco della vita umana. È la violenza, è il tragico e sempre prolifico commercio delle armi, che si muove spesso nell’ombra, alimentato da fiumi di denaro sotterranei”. “La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”, ha ribadito Francesco: “Dobbiamo smettere di accettarla con lo sguardo distaccato della cronaca e sforzarci di vederla con gli occhi dei popoli. Due anni fa, ad Abu Dhabi, con il caro fratello qui presente, il Grande Imam di Al Azhar, abbiamo invocato la fratellanza umana per la pace, parlando in nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre”.