“I leader europei agiscano immediatamente per reinsediare nei Paesi dell’Unione i profughi afghani a rischio, aiutando concretamente i Paesi al confine che si stanno facendo carico dell’accoglienza di chi è fuggito dall’Afghanistan in cerca di salvezza”. È l’appello lanciato oggi da Oxfam assieme ad altre organizzazioni umanitarie, alla vigilia del summit sulla crisi in programma il 7 ottobre. “L’Europa deve tenere fede agli impegni presi dopo il ritiro dello scorso agosto dal Paese, senza voltare le spalle al destino dei profughi afghani – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – . Chiediamo che ci si attivi immediatamente per il reinsediamento, entro il prossimo anno, di almeno 36mila rifugiati a rischio, che sono già identificati dall’Unhcr, e dei tanti che si trovano negli Stati alla frontiera con l’Afghanistan. Questa è l’unica soluzione per offrire un futuro a chi è già fuggito e consentire un’accoglienza dignitosa a chi lascerà il Paese nei prossimi mesi”. Le organizzazioni firmatarie dell’appello chiedono di accompagnare il reinsediamento dei profughi con il potenziamento di canali legali, che consentano a più persone possibile di mettersi in salvo in Europa. “In aggiunta alle quote di rifugiati per cui sarà previsto il reinsediamento nei Paesi Ue, è fondamentale estendere meccanismi che prevedano un uso flessibile dei ricongiungimenti familiari, il rilascio di visti umanitari o per motivi di lavoro e studio, l’introduzione di schemi di community sponsorship – aggiunge Pezzati –. Senza queste misure, in tanti nei prossimi mesi saranno costretti a lunghissimi viaggi verso l’Europa alla mercé dei trafficanti di esseri umani, costretti a rischiare la vita ancora una volta”. Si tratta di misure aggiuntive, “che non devono essere utilizzate dagli Stati come pretesto per sottrarsi all’impegno sulle quote per il reinsediamento”. Oxfam chiede anche all’Italia – a seguito della prima riunione del Tavolo di coordinamento istituto dal governo sulla crisi afghana – di strutturare “una rapida collaborazione tra il Ministero dell’Interno e quello degli Esteri, affinché vengano definite procedure operative efficienti in grado di rispondere ai bisogni delle persone vulnerabili che devono arrivare nel nostro Paese”.