Un team dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibiom) di Bari, dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata e del Laboratorio Covid dell’Ospedale “Di Venere” di Bari, con il supporto della piattaforma genomica e bioinformatica messa a disposizione dal nodo italiano dell’Infrastruttura di ricerca europea Elixir per le scienze della vita, ha effettuato uno studio su 166 soggetti affetti da Covid-19 con differente grado di carica virale nel quale è stata messa a punto una metodologia per determinare il numero assoluto di molecole di Rna virale contenute nei tamponi molecolari utilizzati per individuare la positività al virus. La ricerca pubblicata su Communications Biology permette di individuare il grado di infettività di una persona affetta da Covid-19.
A seguito dell’infezione da Sars-Cov-2, il virus produce due tipi di molecole di Rna: genomiche e subgenomiche. “La nuova metodologia sviluppata, basata sull’utilizzo della tecnica della ‘droplet digital Pcr’ (ddPcr) consente di conteggiare separatamente il numero di molecole di Rna genomiche e subgenomiche. I test molecolari standard attualmente utilizzati, basati invece sulla tecnica della ‘real time Pcr’ non sono in grado di discriminare tra i due tipi di Rna virali”, spiega Graziano Pesole del Cnr-Ibiom. Dal momento che le molecole subgenomiche sono marcatori di un processo infettivo in corso, nel quale si ha proliferazione di nuove particelle virali, approcci basati su questo principio potranno essere applicati in futuro per determinare il grado di infettività di una persona, anche nel corso del tempo. “I risultati presentati – conclude Pesole – contribuiscono a comprendere meglio la dinamica dell’espressione di Sars-Cov-2 in diverse condizioni e a mettere a punto strategie diagnostiche innovative per fronteggiare la pandemia da Sars-Cov-2″.