“Recuperare da san Francesco quei gesti che abbracciano la vita umana e la rendono più fraterna”. È la proposta lanciata questa mattina da mons. Antonello Mura, vescovo di Nuoro e di Lanusei e presidente della Conferenza episcopale sarda, nell’omelia pronunciata questa mattina durante la solenne concelebrazione nella basilica papale di Assisi. È la Regione Sardegna quest’anno a rappresentare oggi tutta l’Italia ad Assisi offrendo l’olio per la lampada che arde sulla tomba di san Francesco. Oltre un migliaio di pellegrini giunti dall’Isola sta partecipando alle celebrazioni insieme ai rappresentanti delle istituzioni regionali e comunali e, tra questi, Alessandra Zedda, vicepresidente della Regione, e il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, a cui è spettato il compito di accendere la lampada. “Mi chiedo: se san Francesco oggi tornasse, quale reazione avrebbe? Mi chiedo se un moto di ribellione l’avrebbe manifestato verso i canoni sociali e religiosi, con i quali continuiamo a identificarci. E cosa avrebbe detto delle nostre contraddizioni, neanche troppo velate, del nostro camminare incerto, della nostra fede labile, che fa fatica a raccordarsi con la vita?”. “Francesco – ha quindi continuato –, ci aiuta a ribaltare i criteri sui quali costruiamo generalmente i rapporti umani e le scelte sociali”. “Continua ad incoraggiarci, a ripetere parole e segni affinché li condividiamo con le persone provate dalla fatica di vivere, con quelle escluse dalla tavolata comune e dalle esperienze di fraternità”. “La pandemia ci ha offerto esempi di abbracci che, pur non passando dal corpo, hanno evidenziato gesti di straordinaria umanità”. “Ma non basta”, ha osservato mons. Mura. “Troppi criteri: economici, finanziari, politici e sociali escludono persone, alle quali purtroppo non resta altro che gridare il distanziamento imposto loro, da chi decide le sorti della società. Sono in tanti che ci vengono incontro, cercando l’abbraccio della fraternità: hanno problemi di salute o di futuro, vengono da vicino e da lontano, sono costretti ad elemosinare attenzioni perché tenuti fuori dall’agenda dei programmi da realizzare”. Da qui il richiamo sulla terra del poverello di Assisi a ricordare le parole della Lumen Gentium nel Concilio Vaticano II: “La Chiesa … riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente”.