“Il discepolo non deve solo servire i piccoli, ma riconoscersi lui stesso piccolo”. Lo ha spiegato il Papa, durante l’Angelus di ieri. “E ognuno di noi, si riconosce piccolo davanti a Dio?”, la domanda ai fedeli: “Pensiamoci, ci aiuterà. Sapersi piccoli, sapersi bisognosi di salvezza, è indispensabile per accogliere il Signore. È il primo passo per aprirci a Lui”. “Spesso, però, ce ne dimentichiamo”, ha fatto notare Francesco: “Nella prosperità, nel benessere, abbiamo l’illusione di essere autosufficienti, di bastare a noi stessi, di non aver bisogno di Dio. Questo è un inganno, perché ognuno di noi è un essere bisognoso, un piccolo. Dobbiamo cercare la nostra propria piccolezza e riconoscerla. E lì troveremo Gesù”. “Nella vita riconoscersi piccoli è un punto di partenza per diventare grandi”, la tesi del Papa: “Se ci pensiamo, cresciamo non tanto in base ai successi e alle cose che abbiamo, ma soprattutto nei momenti di lotta e di fragilità. Lì, nel bisogno, maturiamo; lì apriamo il cuore a Dio, agli altri, al senso della vita. Apriamo gli occhi agli altri. Apriamo gli occhi, quando siamo piccoli, al vero senso della vita”. “Quando ci sentiamo piccoli di fronte a un problema, piccoli di fronte a una croce, a una malattia, quando proviamo fatica e solitudine, non scoraggiamoci”, l’invito di Francesco: “Sta cadendo la maschera della superficialità e sta riemergendo la nostra radicale fragilità: è la nostra base comune, il nostro tesoro, perché con Dio le fragilità non sono ostacoli, ma opportunità. Una bella preghiera sarebbe questa: ‘Signore, guarda le mie fragilità…’ ed elencarle davanti a Lui. Questo è un buon atteggiamento davanti a Dio. Infatti, proprio nella fragilità scopriamo quanto Dio si prende cura di noi. Le contrarietà, le situazioni che rivelano la nostra fragilità sono occasioni privilegiate per fare esperienza del suo amore. Lo sa bene chi prega con perseveranza: nei momenti bui o di solitudine, la tenerezza di Dio verso di noi si fa – per così dire – ancora più presente. Quando noi siamo piccoli, la tenerezza di Dio la sentiamo di più. Questa tenerezza ci dà pace, questa tenerezza ci fa crescere, perché Dio si avvicina col suo modo, che è vicinanza, compassione e tenerezza. E quando noi ci sentiamo poca cosa, cioè piccoli, per qualsiasi motivo, il Signore si avvicina di più, lo sentiamo più vicino. Ci dà pace, ci fa crescere. Nella preghiera il Signore ci stringe a sé, come un papà col suo bambino. Così diventiamo grandi: non nell’illusoria pretesa della nostra autosufficienza – questo non fa grande nessuno – ma nella fortezza di riporre nel Padre ogni speranza. Proprio come fanno i piccoli, fanno così”.