Da “Paese meta di pellegrinaggi di preghiera, di visite turistiche e di accoglienza” ad “un elenco di macerie e rovine, accompagnato dal numero spaventoso di coloro che hanno dovuto lasciare le loro case internamente al Paese o cercando rifugio al di fuori, nei Paesi vicini anzitutto e poi in diversi continenti”. È la Siria di oggi, nelle parole del card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che ieri, a Damasco, ha incontrato la gerarchia cattolica locale, prima tappa della sua visita in Siria.
Il prefetto ha ricordato gli oltre dieci anni di guerra durante i quali “non poche chiese e cattedrali hanno subito danneggiamenti e distruzioni”, come “le case i bombardamenti tra i diversi schieramenti interni ed internazionali: alcuni templi nel frattempo sono stati ristrutturati o riedificati e riconosacrati, ma il popolo di Dio nel frattempo aveva ricevuto abbondante l’unzione del dolore e della sofferenza, venendo così conformato al Cristo che patisce e viene crocifisso”. Richiamando le parole del salmo nel tempo dell’esilio – “Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre, come possiamo ora cantare?” -, il card. Sandri ha detto: “Le corde delle cetre hanno intonato per troppo tempo il canto del dolore e del lutto, soprattutto per i morti, i rapiti, i prigionieri, per i ragazzi e i giovani cresciuti sotto le bombe e privati dell’affetto dei genitori o del normale insegnamento, e ora si può udire il lamento perché non c’è il pane, con una cifra impressionante della popolazione che è costretta a vivere sotto la soglia della povertà. L’aria resa irrespirabile dalle bombe e dagli agenti chimici, forse ora è intossicata dall’indifferenza che sembra piombata anche negli organi di stampa sul dramma della Siria”. Conseguenze di un conflitto mai dimenticato da Papa Francesco che, sin dall’inizio del suo pontificato, ha rivolto “uno sguardo di speciale predilezione” per la Siria, “ora attraverso la mia visita porto il saluto, la benedizione e la carezza di Papa Francesco sui volti rigati dalle lacrime”.
Nel suo intervento il card. Sandri ha, inoltre, posto l’accento sulla necessità di non restare fermi ai “lamenti” ma di “pregare ed interrogarci come singoli e comunità del nostro modo di stare di fronte al presente della Siria”. “Dove sei comunità internazionale?”. “Dove sei, Chiesa cattolica in Siria?”, ha chiesto il porporato. Tuttavia, ha aggiunto, “è anche giusto che sorga in noi la domanda per capire su chi o su che cosa abbiamo riposto la speranza di salvezza. Questa è una domanda che è affidata a ciascuno di noi, ovunque si trovi a vivere ed operare, quindi anche in Siria”. Dal card. Sandri è giunta anche l’esortazione a “comprendere come la Chiesa sia e voglia essere la ‘casa e la dimora della carità’ e aiuti a pensare il ruolo del vescovo in questo ambito”. Un invito “a fare il bene” senza “confinarlo”: “Può capitare che sembriamo un regno diviso in se stesso: in uno stesso territorio il vescovo non sa di un progetto portato avanti da un suo sacerdote, o confratelli in una stessa città agiscono ciascuno per sé. Tutti fanno il bene, ma esso è come confinato, non respira, non si diffonde: talora si pensa che lo scambio di informazioni e il maggiore coordinamento siano degli strumenti di controllo e di limite, anziché dei moltiplicatori della carità. Faccio una esplicita richiesta di proseguire la riflessione e le decisioni sull’esercizio sinodale della carità”. A riguardo il prefetto ha annunciato “l’avvio del progetto di realizzare una Conferenza, da svolgersi nel marzo del 2022 se possibile qui a Damasco, in cui vedere riuniti i vescovi, i principali responsabili del ministero della carità, preti, religiosi e religiose, laici come pure le principali istituzioni assistenziali presenti in Siria”. L’obiettivo: “Mappare le diverse iniziative e progetti in atto, riflettendo nell’attuale contesto sulle priorità su cui insistere di volta in volta. Sono certo che in questo modo la maggiore capacità e intraprendenza di alcuni di voi potrebbe essere messa a servizio dell’intera Chiesa cattolica in Siria, aiutando quelle realtà più lente e in difficoltà. Quanto maggiore continuerà la credibilità delle nostre istituzioni ecclesiali in Siria, tanto più diverse realtà che cercano partner affidabili potranno avere in voi degli interlocutori validi, anzitutto per quell’aiuto umanitario che secondo le dichiarazioni ufficiali dei Governi non dovrebbe vedere restrizioni nonostante il perdurare delle sanzioni internazionali”.