“Quindici giorni fa i contadini mi hanno detto personalmente che Otoniel era passato lì con un mulo e scorte armate fino ai denti. Perché in tutti questi anni lo Stato non ha mai arrestato Otoniel, mentre gli Usa hanno chiesto 5 milioni di dollari?”. Lo afferma al Sir Germán Graciano Posso, leader della Comunità di pace di San José di Apartadó, in seguito all’arresto di Dairo Antonio Úsuga David, alias “Otoniel”, uno dei narcotrafficanti più ricercati del pianeta e capo della formazione paramilitare del Clan del Golfo.
La notizia è stata accolta nella Comunità di pace nella consapevolezza della sua importanza, ma anche del fatto che non basta un pur importante arresto per dissolvere un’organizzazione ramificata, presente, in modo massiccio o parziale, in 300 municipi del Paese, con circa 1.500 uomini armati e circa 1.800 persone d’appoggio. La Comunità di Apartadó ha pagato in questi anni un duro prezzo di sangue, mentre sono persistenti le minacce, rivolte anche attraverso scritte ben visibili sul territorio. Posso, nel 2018, ha anche incontrato Papa Francesco nell’ambito di un’udienza. Prosegue il leader comunitario: “Sopportiamo la persecuzione come comunità di pace per affrontare l’odio, come grande famiglia di fraternità. Siamo un esempio per il mondo, del rifiuto di tutte le armi. Cerchiamo alternative per difendere la vita e la terra e sopravvivere alla morte e alla violenza dove il potere dell’impero usa il popolo per vendetta, per odio della guerra”. “L’impegno di Papa Francesco contro le mafie e per la pace ci ispira anche in questo momento della cattura del narcotrafficante internazionale”, conclude Posso, confermando indirettamente il lavoro diplomatico della Commissione internazionale sulla corruzione, coordinato da Vittorio Alberti per il Vaticano, che sta avendo un forte impatto nella Chiesa in America Latina.