Ha fatto il giro del mondo la notizia dell’arresto, in Colombia, di Dairo Antonio Úsuga David, alias “Otoniel”, uno dei narcotrafficanti più ricercati del pianeta, capo storico delle Autodefensas gaitanistas del Colombia, il gruppo erede del paramilitarismo colombiano, solo ufficialmente smantellato negli anni della presidenza Uribe, più noto come Clan del Golfo. La notizia è stata data con toni trionfali dal presidente della Repubblica Ivan Duque, nelle stesse ore in cui la vicepresidente e ministra degli Esteri Marta Lucía Ramírez arrivava in Italia e si incontrava con Papa Francesco. La novità è stata accolta con gioia nei territori dove più forte è l’azione del Clan del Golfo, soprattutto nel nordovest del Paese. Mons. Mario de Jesús Álvarez Gómez, vescovo di Istmina-Tadó, diocesi che si trova nel dipartimento del Chocó, una delle aree più martoriate dal conflitto tra Clan del Golfo ed Eln, intervistato dal Sir, non nasconde, da un lato, la sua soddisfazione e, dall’altro, la consapevolezza che nelle zone più periferiche è necessaria una presenza integrale, e non solo militare e di polizia, da parte dello Stato. “Tutti noi Colombiani siamo stati informati di questa notizia in modo molto dettagliato. Il Clan del Golfo riunisce gran parte del paramilitarismo. Nella bandiera del nostro Paese c’è scritto ‘Legge e ordine’. Sono i valori storici che hanno caratterizzato i padri della nostra patria, Bolivar e Santander, sono visti come i pilastri della stabilità e convivenza. Dio ci conceda di poter entrare nel ritmo della serenità, della tenerezza, della riconciliazione e della pace, secondo il Vangelo. Siamo chiamati a essere tutti artigiani e artefici di pace, nella prospettiva di un umanesimo integrale”.