Storie di bambini che nascono con una diagnosi prenatale di incompatibilità con la vita. A raccontarle sono state la dottoressa Elvira Parravicini, neonatologa e direttrice del Neonatal Comfort Care Program alla Columbia University di New York, e la dottoressa Chiara Locatelli, neonatologa all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, che venerdì 22 ottobre sono intervenute al convegno “Avrò cura di te. Quando il fine vita non è il fine cura”, organizzato dall’Ufficio Pastorale della salute presso il centro pastorale diocesano di Ancona. “Anche se alla nascita si sa già che avranno poche ore o pochi giorni davanti, è possibile prendersi cura di loro rendendo la loro breve vita bella e piena di amore”. “Ogni vita è un dono – si legge nel comunicato diffuso oggi dalla diocesi – e in quanto tale deve essere sempre accolta, custodita e rispettata. È dunque importante prendersi cura del paziente durante tutto l’arco della sua vita, dalla nascita alla morte naturale, anche se la vita dovesse durare solo poche ore”. Al convegno hanno preso anche le mamme. “Con Francesco – ha detto una di loro – ho veramente capito cosa significa dare al mondo un figlio. Lo custodisci, lo partorisci, è veramente una parte di te, ma non è tuo”. “Le esperienze ascoltate stasera – ha affermato l’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons. Angelo Spina – ci mostrano come la scienza e la tecnologia possono servire la vita, che ha sempre un valore e non deve essere toccata. Oggi se tocchiamo il valore della vita e non ci prendiamo più cura di essa, cambiamo l’alfabeto dell’umano e non sappiamo più dove andiamo”. In collegamento don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della salute della Cei, che ha sottolineato: “C’è una tendenza mediatica ad immaginare che ci sia una forte spinta e richiesta verso i percorsi di eutanasia, ma in realtà non è così. La popolazione italiana vuole vivere nel miglior modo possibile e, se si deve preparare al tratto finale della propria esistenza, vuole farlo con dignità, sollevata dal dolore e non da sola”. Simone Pizzi, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute, ha ricordato che “la Pastorale della salute accoglie l’appello degli uomini che chiedono cura e speranza, rivolgendo un forte invito alla società a riflettere e ricercare il modo più umano per esprimere attenzione e sollecitudine verso le persone che si avvicinano alla fine della vita terrena e verso coloro che li accompagnano”.