“La figura di don Mottola, con la pienezza della sua santità, cultura e socialità, possa illuminare e stimolare la Calabria a traguardi più umani e cristiani, alla liberazione da ogni schiavitù, compresa tutta la nostra Italia”. È l’auspicio espresso da mons. Vincenzo Rimedio, vescovo emerito di Lamezia Terme, in una riflessione sulla figura don Francesco Mottola del quale, lo scorso 11 ottobre, è stata celebrata la beatificazione.
Nel rilevare che “in qualche modo si è ancora sotto l’influsso dell’emozione del commovente da una parte e gioioso dall’altra rito”, il vescovo emerito osserva che “è interessante ed insieme edificante poter approfondire la conoscenza, anzi l’esperienza della vita del beato con le sue gioie e con le sue sofferenze: la gioia nel contatto di fede e di amore intenso verso il Signore e nel progresso delle anime da Lui spiritualmente guidate; le sofferenze dovute alla ‘carne franta, per la paresi di metà della persona’”. “Emerge il proposito di fondo del suo sacerdozio”, prosegue mons. Rimedio citando don Mottola: “Voglio farmi santo”. Per il vescovo emerito, “non c’era dualismo tra il percorso sacerdotale e la santità, anzi dovevano coniugarsi insieme, come è avvenuto per la grazia divina e la sua ferma volontà. Era questo binomio come il respiro della sua anima, abitata dall’Idea, cioè da Cristo”. “Si può asserire – afferma mons. Rimedio – che la visione della spiritualità proposta dal beato sia fondata sulla meta della trasfigurazione dell’anima oblata che s’irradi all’esterno, soprattutto sui sofferenti e sui poveri”.