“L’attività delle Fondazioni antiusura è strutturalmente collegata, per le caratteristiche della legge n. 108/1996, a quella bancaria ed all’efficacia e all’efficienza delle risposte delle sue strutture. Non mancano gli aspetti positivi di questa relazione, ma in generale va segnalato che gli effetti della pandemia, senza trascurare le conseguenze dei processi di aggregazione bancaria, hanno finito per accentuare alcune criticità alla base dei rilievi critici segnalati da alcune Fondazioni nel loro rapporto con gli istituti di credito convenzionati”. Lo sottolinea il Bilancio 2020 della Consulta nazionale antiusura, presentato oggi, in occasione dell’Assemblea nazionale, in corso a Napoli. Il primo rilievo critico riguarda “la frequenza del ritardo con cui questi ultimi hanno evaso le richieste di aiuto”. Altra lamentela generale è “la richiesta di alte percentuali di garanzia pretese che in diversi casi si sono attestate sul 100% del valore dell’intervento”.
Facendo tesoro dell’esperienza maturata in ormai 25 anni di presenza attiva, “l’attenzione verrà rivolta al rafforzamento dei rapporti con il mondo vicino della Caritas, per una collaborazione sempre più feconda, anzitutto a livello diocesano, e con le altre associazioni e Fondazioni impegnate sui terreni della prevenzione e del contrasto dell’usura, del sovraindebitamento, dell’azzardo; la promozione di alleanze e di partnership verrà estesa anche ai più qualificati soggetti nella società civile e nel mondo accademico che operano per la promozione dell’inclusione sociale e finanziaria delle persone in maggiori difficoltà”.
Non solo: “La Consulta curerà ancora di più la capacità di analisi e di proposta, d’interlocuzione libera, franca e costruttiva, con il mondo delle istituzioni, dell’economia e della finanza, avendo il coraggio di aprire anche nuove strade di ricerca e di sperimentare innovazione, nuove soluzioni, per riuscire a rispondere alle responsabilità sempre maggiori che la pandemia e soprattutto il post pandemia impongono a tutti gli attori della scena pubblica e sociale”.
La “posta in gioco”, infatti, sarà “guardare le cose del mondo dal punto di vista degli ultimi, di coloro che sono ai margini, e cercare di fare quanto possibile per promuoverne la dignità, attraverso l’esercizio di un ruolo attivo e pienamente responsabile nel contesto sociale, economico e culturale in cui siamo inseriti”.