“I dati della relazione al Parlamento e l’esperienza quotidiana maturata nei diversi servizi territoriali dimostrano con chiarezza l’esistenza di una forbice: tra le persone con problemi di dipendenza, ‘intercettate’ e prese in carico dai servizi del pubblico e del privato sociale, e gli elementi qualificanti il reale fabbisogno di un fenomeno in continua evoluzione. La conseguenza di questa doppia velocità è che oltre i 2/3 dei consumatori problematici non riescono a ricevere risposte adeguate”. Lo ha detto Luciano Squillaci, presidente della Fict, intervenendo al tavolo tematico “Evoluzione delle dipendenze e innovazione del sistema dei Serd e delle comunità terapeutiche” della VI “Conferenza nazionale sulle dipendenze- Oltre le fragilità”. “La normativa sulla quale si fonda l’intervento riabilitativo, il dpr 309/90, è infatti ferma ad oltre 30 anni fa e la più recente legge 45/1999, anch’essa datata, per quanto per alcuni versi ‘profetica’, di fatto non ha mai trovato completa ed esaustiva applicazione”, ha evidenziato.
“Uno degli elementi di maggiore criticità – ha aggiunto Squillaci -, in materia di percorsi riabilitativi, riguarda la centralità della persona in relazione all’intervento terapeutico, oggi sempre più periferica rispetto al servizio e/o al luogo di cura. Negli anni il sistema di intervento si è tarato sempre più su un livello prestazionale per singola fase (prevenzione nelle sue diverse forme, presa in carico iniziale, disintossicazione, cura e riabilitazione, reinserimento sociale e lavorativo), perdendo progressivamente di vista la complessità multidisciplinare dell’intervento”.
Il presidente della Fict ha proposto una riforma organica del dpr 309/90 che preveda un approccio di processo di presa in carico territoriale, capace di una visione realmente globale della presa in carico: “In tale approccio diviene fondamentale un’organizzazione dipartimentale, del tema delle dipendenze, specifica e non fagocitata dalla salute mentale, fortemente partecipativa e integrata. È a livello di organizzazione dipartimentale che può essere proposta la necessaria sintesi riferita agli interventi riabilitativi”. Il Budget di Salute, ha spiegato, “è uno strumento che potrebbe concretamente ed effettivamente integrare i soggetti interessati, quali in primis gli stessi utenti e le famiglie, i servizi sociali e sanitari del territorio ed al Terzo Settore. L’utilizzo del Budget di Salute , in area dipendenze patologiche, va inteso quale ‘progetto integrato individuale’ che si avvia con la presa in carico e diagnosi iniziale e termina con il reinserimento lavorativo e sociale, all’interno del quale sono armonizzati i diversi interventi sociali e sanitari, ambulatoriali e/o residenziali, in funzione dei bisogni specifici della persona”.
Di fronte all’eterogeneità dei modelli di intervento per le dipendenze patologiche nei territori, per Squillavi, “si impone la definizione di linee guida nazionali che possano costituire base normativa di riferimento, omogeneizzando gli interventi nelle diverse regioni”.