I giornalisti ritengono che i temi dell’Agenda 2030 meriterebbero più spazio e, soprattutto, più approfondimento. Lo segnala l’indagine realizzata dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Salesiana e l’Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi) e pubblicata nel volume “Pensare il futuro. I 17 obiettivi dell’Agenda visti dai giovani e raccontati dai giornalisti” (Ed LAS 2021), in uscita oggi.
All’interno della ricerca sono stati intervistati 9 direttori, 8 giornalisti e 7 fonti di informazione, per cercare di capire in che modo l’informazione mainstream si occupi dell’Agenda 2030 e dei suoi temi e quali difficoltà incontri. Una prima differenza è tra testate grandi e testate piccole. Nelle prime ci sono stati cambiamenti profondi: man mano che alcuni temi si imponevano, gli si dedicavano più spazi, con nuovi prodotti, nuovi progetti, investendo quindi anche in risorse umane. Nelle testate più piccole ci si è limitati a ricavare qualche spazio nella programmazione ordinaria, anche se tutti riconoscono la necessità di offrire approfondimenti, non limitandosi alle notizie di cronaca.
Una seconda differenza si gioca sugli obiettivi a cui si dà più spazio, che sono in genere energia, transizione ecologica, welfare, parità di genere, educazione (anche perché incrociano maggiormente la cronaca, anche quella locale). Ma mentre le testate laiche sembrano privilegiare i temi ambientali, quelle cattoliche segnalano come centrale il tema della povertà, delle disuguaglianze e, in seconda battuta, della pace e della solidarietà. Complicato rimane il rapporto con le fonti, soprattutto quelle istituzionali (citate soprattutto dai direttori), che spesso usano linguaggi troppo specialistici, propongono temi difficilmente notiziabili, non sono disponibili a chiarimenti e approfondimenti. Più semplice è il rapporto con le fonti della società civile (associazioni, movimenti, eccetera), citate soprattutto dai giornalisti e dalle testate cattoliche.